La guerra alle Fake news e la politica delle Fake news

Il New York Times lancia l'allarme negli Stati Uniti sui pericoli che corre la politica italiana a causa del possibile virale diffondersi di fake news. Nel frattempo in Italia parte l'allarme fake news firmate NYT

Il caso delle “Fake news”, le bufale giornalistiche su cui si sta fondando il dibattito politico negli ultimi giorni, è parecchio ingarbugliato. Al momento, a farne le spese quale esempio di censura è stato Diretta News, finendo sul banco degli imputati in nome della web. Ma la guerra delle Fake news non riguarda i siti web sconosciuti o medio visitati e basta. In mezzo al campo di battaglia ci sono anche testate super blasonate come il New York Times. Le fazioni opposte invece sono, come immaginabile, sempre le stesse: da una parte c’è il Movimento Cinque Stelle e dall’altra…il resto del mondo. Questo vale almeno per la partita italiana. Quella globale è ben più ampia e profonda, anche datata. Per entrare nel merito della guerra alla informazione on line globale dovremo rinviare ad altra puntata. In questa ci occupiamo del recente caso nostrano. Uno dei primi “incidenti di percorso” riguarda appunto il New York Times ed un editoriale preso, come tanti altri articoli e titoli, quale spunto dal comico satirico Maurizio Crozza per qualche battuta su Luigi Di Maio. Nell’editoriale del NYT veniva massacrato il candidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il Movimento Cinque Stelle appena dopo il suo viaggio negli Stati Uniti. Un articolo ricco di argomenti sul Movimento Cinque Stelle e sul suo candidato in pectore ma decisamente poco clemente. A tratti anche farcito di Fake news. Saltando qua e la nell’editoriale di Beppe Severgnini, direttore di Sette del Corriere della Sera ed editorialista di testate anglosassoni, si possono leggere opinioni ed informazioni come le seguenti: “I ‘grillini’, come vengono chiamati i seguaci di Grillo, hanno la possibilità di rovesciare il Partito Democratico al governo, guidato da Matteo Renzi, e la coalizione di centro-destra riunita da Silvio Berlusconi, l’irreprensibile 81enne ex primo ministro italiano… Quindi chi sono esattamente i sostenitori del Cinque Stelle? Alcuni osservatori stranieri vedono il partito come autentici riformatori; altri come buffoni innocui… I suoi attivisti (del M5S) diffidano del governo, dell’immigrazione, delle grandi corporation e, soprattutto, della scienza. La loro convinzione che le vaccinazioni siano pericolose per i bambini ha creato scompiglio nelle scuole italiane, costringendo il governo ad intervenire. I loro valori fondamentali sono meno governativi – con referendum online per tutto, accanto a teorie del complotto. E rispondono aggressivamente sui social media a chiunque osi dissentire. I giornalisti sono scelti per i messaggi di odio….”. Via di questo passo, l’editorialista italiano dipinge sul NYT lo scenario politico europe a rischi M5S e lega Nord in vari passaggi accomunati.

Anche Maurizio Crozza era stato parecchio sfottuto – quando gli è andata bene – in rete per le battute fatte su Luigi Di Maio traendo spunto dall’articolo di Beppe Severgnini. Tranne che il comico, dimostrandosi molto più serio di altri soggetti del panorama politico e giornalistico, nella puntata successiva ha pubblicamente chiesto scusa a Luigi Di Maio in diretta. Scuse che il vicepresidente della Camera ha accettato con un post Facebook e sul blog di Beppe Grillo ringraziando Crozza per il gesto. Il comico genovese di “Fratelli di Crozza” ha ammesso di non essersi reso conto che la firma del pezzo sul New York Times era di Beppe Severgnini. Così, ritirate le battute ai danni di Di Maio, ad esser canzonato con l’umorismo di Maurizio Crozza è finito l’editorialista Severgnini. Luigi Di Maio ha ovviamente pubblicato il video delle scuse ricevute in diretta da Crozza accompagnando la pubblicazione con un post in cui trova spazio anche una piccata alla stampa “allineata” come attenuante per chi si era scusato: “È difficile distinguere il vero dal falso soprattutto quando delle Fake news vengono diffuse da giornalisti accreditati.”


Il siparietto Severgnini-M5S però non si estingue con il solo pezzo firmato sul NYT. Tempestato di invettive dal web, il direttore di Sette firma un articolo pubblicato sul Corriere.it appena due giorni dopo quella del New York Times dal titolo “Il Movimento Cinque Stelle e la nazione irascibile”. Il divertente editoriale parte con la citazione di Adam Smith e del suo “La teoria dei sentimenti morali, in cui spiegava che il sistema economico funziona meglio nelle società dove esiste un alto livello di fiducia reciproco.” Lo stesso Severgnini pubblica un po’ di epiteti con cui è stato definito qua e la dopo l’articolo “scritto per il New York Times sulle prospettive del Movimento 5 Stelle”. Nell’articolo, secondo quanto asserito dal Severgnini nazionale del Corriere.it, “a Gigi Di Maio ho dedicato due righe (a proposito: magari non è un campione in geografia, ma a Washington non ha detto che «la Russia è un Paese del Mediterraneo»). Ho parlato invece del M5S, la voce dello scontento italiano.”
Ma la battaglia del discredito giocato a suon di Fake news, funzionale anche alla guerra contro i media che si moltiplicano a macchia d’olio su web con la conseguente impossibilità di controllo, va avanti ed ancora più in profondità tra le due fazioni politiche italiane grazie anche e soprattutto all’ingerenza americana. Endorsement in cui entra in gioco un giovane italiano. L’ultima puntata infatti tira in ballo un giovane informatico che avrebbe scoperto strane coincidenze tra siti internet riconducibili al Movimento Cinque Stelle, o alla sua tifoseria, e siti della stessa natura della Lega Nord. Secondo l’esperto informatico Andrea Stroppa, i siti in questione avrebbero, o avevano, in comune gli stessi codici di accreditamento degli avvisi pubblicitari Google. Dei codici html che permettono al programma di inserzioni Google AdSense di identificare gli spazi in cui integrare le pubblicità ed attribuirne al legittimo titolare i proventi. “Chi è Andrea Stroppa? – si legge in un post del blog di Beppe Grillo – È un giovane esperto informatico, da tempo arruolato nella Cys4, la società di sicurezza presieduta da Marco Carrai. Chi è Marco Carrai? E’ il braccio destro di Matteo Renzi.” La questione si fa più complicata: “In sostanza, Buzzfeed e il New York Times pubblicano due articoli spacciandoli per inchieste giornalistiche sulle Fake news – scrive Grillo – partendo da una ricerca condotta da un dipendente di Marco Carrai”.

A stretto giro, al post del blog sulle accuse partite ancora una volta da oltreoceano, risponde Andrea Stroppa dal suo profilo Facebook dopo aver rilasciato una intervista al quotidiano La Stampa: “Devo farti notare caro Beppe, che io non sono un dipendente di Marco Carrai e non faccio parte da molto tempo della società Cys4. Inoltre, come tu stesso hai notato sia l’inchiesta di Buzzfeed che del The New York Times scrivono esplicitamente che ruolo ho avuto nelle due inchieste.” Poi un passo falso di Stroppa nelllo stesso lungo post di risposta: “Come saprai benissimo, il giornalismo anglosassone ha delle regole molto rigide e quando un ricercatore fornisce del materiale, oppure fa delle segnalazioni ad un giornalista, il giornalista è tenuto a specificare i collegamenti e gli interessi del ricercatore stesso e di verificare le veridicità delle segnalazioni come per una qualsiasi altra fonte.” Il nome di Andrea Stroppa esordisce infatti sulle pagine statunitensi. È appunto il New York Times a citarlo quale esperto informatico che avrebbe scoperto il giro anomalo di codici Google. La veridicità, la verifica della fonte però, come lo stesso Stroppa asserisce nel suo post, il New York Times scrive che l’ha fatta il Times. L’altro giornale magazine interessato, che peraltro è uscito con la notizia sul pericolo Fake news che minaccia l’Italia in vista delle prossime elezione tre giorni prima del New York Times, è Buzzfeed. Questo però pare non abbia da precisare nessuna verifica circa i suddetti codici. Stroppa accusa Grillo di aver glissato sulla risposta circa i codici. Grillo in effetti non entra più di tanto nel merito. La questione dei codici Google Analytics e Google Adsense non riguarda il Blog di Beppe Grillo ed il fondatore del Movimento Cinque Stelle liquida così la vicenda: “Si parla di siti web sensazionalistici, a sostegno di una o l’altra forza politica, che riporterebbero i medesimi codici di Analytics e di Adsense. E non ci vuole un genio a capire che questi siti nascono spontaneamente. Sul web ognuno, anche per mero scopo di guadagno attraverso la pubblicità, chiuso nella sua stanza può scegliere di aprire più di una piattaforma e pubblicare quel che vuole.”

Ma la questione delle Fake news e dei siti che le diffonderebbero non è una querelle che chiude il proprio sipario con questi scambi su blog e social. Il problema delle bufale ad indirizzo politico era uno dei temi centrali della Leopolda 8 di Matteo Renzi, in Italia. Oltreoceano invece è il tema cruciale da quando è stato eletto Donald Trump alla Casa Bianca. Dietro il gioco delle Fake news, notizie false che durano poco più del tempo di lettura se contrastate da una informazione autorevole degna di autorevolezza, ci sono le libertà di informazione ed espressione a rischio censura di stampo fascista. Non a caso, nel mirino entrano anche domini come “Mondolibero.org”. Scrive Jason Horowitz sullo stesso articolo del New York Times pubblicato il 24 novembre mentre propone una breve rassegna dei siti internet pericolosi: “Un altro, mondolibero.org , spaccia una visione del mondo decisamente anti-americana e anti-liberale.” Con quel “un altro” che accomuna domini quali “IoStoConPutin.info” ed altri siti internet simpatizzanti. Sempre lo stesso articolo in cui Horowitz scrive che: “La Lega e il Movimento Cinque Stelle non sono nominalmente alleati e si considerano addirittura rivali. Ma condividono un interesse nel far avanzare l’agenda pro-Russia, anti-establishment e anti-immigrazione che ha reso il Movimento Cinque Stelle il partito più popolare in Italia.” La conclusione pare quindi chiara e non riguarda l’incolumità della popolazione esposta all’orrendo rischio di leggere inavvertitamente notizie false, fake news, ma di leggere notizie non allineate con la propaganda a stelle e strisce o in favore dei suoi alleati e dell’establishment che opera entro i confini del Patto Atlantico. Detto nel modo più semplice ed accessibile, puoi dire che Trump è un uomo sobrio ed elegante – che è una fake news – ma non puoi dire che Putin non vuole nessuna guerra, che non è una fake news ma magari ti chiudono il sito perché fa propaganda politica con false notizie. E chi stabilisce quali sono notizie false e quali genuine? Gli stessi che ritengono il New York Times uno dei capisaldi del sano e buon giornalismo? Ci attendono tempi bui.

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