“Io sto con Riace” va bene per le petizioni, per le campagne a sostegno di modelli di accoglienza integrata, ma non per la legge. I commissari che mesi addietro diedero il via alla stagione inquisitoria del “Comune dell’accoglienza” vedono adesso il sostegno della Procura di Locri che pare abbia riscontrato effettive violazioni normative. Ieri mattina la Guardia di Finanza ha bussato alla porta di casa di Mimmo Lucano per notificargli un avviso di garanzia e procedere con autorizzata perquisizione. Il sindaco che inventò il “modello Riace” e ha fatto rinascere il piccolo paese dei Bronzi adesso è indagato per abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata finalizzata all’indebito conseguimento di erogazioni pubbliche. Tradotto in termini significa che i bonus, la moneta di scambio riacese con cui venivano retribuiti i profughi che a Riace vivono e lavorano non ha alcun valore, che le associazioni che operano sul territorio sono sotto i riflettori per le inevitabili parentele di un piccolo paese e preferite alle “business machine” dell’accoglienza estranee al territorio e che nella gestione del sistema di accoglienza ci sono forzature che poco e male si sposano con la burocrazia. Il sindaco dal canto suo la prende a provocatoria risata asserendo che sul suo conto corrente ci sono solo poche centinaia di euro e che sostanzialmente la Guardia di Finanza può rovistare tra i suoi beni quanto più gli aggrada. Ma a correre rischi non è tanto Mimmo Lucano, che potrebbe comunque vedere un rinvio a giudizio, quanto il suddetto modello Riace. Modello che, a questo punto, si erge sulle forzature già contestate a suo tempo dai commissari che avviarono il processo di chiusura del Comune dell’accoglienza.
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