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Le varianti Covid, come cambia la pandemia

di Aldo Di Piazza

In ambito scacchistico, rispetto alle regole classiche degli scacchi dette ortodosse, per Variante si intende una variazione di queste che vengono quindi definite eterodosse, in quanto descrivono un gioco differente – più o meno profondamente – dal gioco originale degli scacchi. Il risultato finale può rivelarsi una situazione molto simile agli scacchi ortodossi, oppure un mondo completamente difforme dalle regole classiche, senza quasi più somiglianza con il gioco originale .

Teniamo a mente questo esempio sul quale torneremo.

Un Virus ad RNA come il SARS-COVID19, è una struttura di grande semplicità costituito da due elementi: Il Capside e l’RNA. Il Capside è l’involucro proteico che riveste l’RNA, mentre l’RNA, od acido ribonucleico, è quel filamento che contiene tutte le informazioni necessarie a costruire le proteine del capside.

Tutto qua?

Si esattamente tutto qua.

Questo primo gradino, nella scala della vita, è di una semplicità disarmante e lasciato a se stesso non ha scampo e si inattiva e denatura in un brevissimo volgere di tempo, da qualche minuto a poche ore secondo le condizioni ambientali. Per sopravvivere e potersi riprodurre necessita obbligatoriamente di una struttura ospite che sfrutta, ed attraverso le informazioni contenute nell’RNA, fa sintetizzare alla cellula colonizzata le proteine del Capside e duplica il proprio RNA, creando delle nuove particelle virali, in teoria identiche alla progenitrice.

E sta esattamente in questa fase il problema.

La duplicazione dell’RNA, quindi la copiatura del filamento originale, può determinare con frequenze statistiche ben determinate degli errori, cioè la sostituzione di un nucleotide con un’altro, la delezione di un nucleotide, l’inserimento di un nuovo elemento, per una imperfezione del meccanismo.

Questo fatto determina la formazione di un RNA diverso in uno o più punti dall’originale, e ciò può apportare nella costruzione della nuova particella virale delle modificazioni del comportamento, quindi maggiore o minore capacità di contagio, maggiore o minore letalità, e così via.

In generale, la replicazione del materiale genetico del virus ad Rna, “è circa mille volte più soggetta ad errori rispetto a quella al Dna per la mancanza di meccanismi di correzione”. Per questoi coronavirus cambiano continuamente le loro strutture tramite varianti generate da fenomeni di mutazione, delezione e/o inserzione”.

Tornando al gioco degli scacchi possiamo trovarci con un nuovo virus quasi identico a quello progenitore, diciamo ortodosso, oppure con una nuova particella con caratteristiche e comportamenti molto differenti dall’originale, che chiameremo eterodosso.

Tutto questo è assolutamentre casuale ed ha una frequenza che dipende soltanto dal numero di replicazioni virali.

Sarà poi la selezione naturale a determinare se il nuovo virus è più competitivo rispetto a quello di origine; e se così sarà, sostituirà nel tempo il progenitore perché più veloce ad infettare e quindi a duplicarsi. Ecco cosa è una variante virale.

E’ successo nel passato e succederà nel futuro.

Il SARS-COVID19 è una Zoonosi, cioè un’infezione umana che nasce originariamente in un serbatoio animale (il pipistrello) ed attraverso un passaggio in un ospite intermedio (verosimilmente il visone e\o il pangolino) raggiunge l’uomo, il tutto dovuto a Varianti che improvvisamente diventano capaci di aggredire una specie diversa da quella originale.

Il Salto di Specie

Questa dinamica è ampiamente conosciuta e dimostrata per moltissime patologie virali e non solo, come la celeberrima Spagnola, che nel 1918-9 percorse esattamente questa strada.

Qual’è il vantaggio, dal punto di vista del virus, del Salto di Specie? Di trovare una popolazione vergine che non ha difese per il nuovo agente.

Quale è il pericolo di una variante ?

Esattamente lo stesso.

Dal suo esordio ufficiale nei primi giorni del 2019 il virus SARS-COVID19 ha subito variazioni del proprio assetto genetico?

Sono 222 le mutazioni finora identificate sulla proteina Spike, l’arma utilizzata dal virus SARS-CoV2 per aggredire le cellule umane, e sono circa 94 quelle del rivestimento del virus.

Bisogna riconoscere che la gran parte delle varianti – precisando che una variante può comprendere anche molte mutazioni contemporaneamente – creano un difetto svantagioso, la gran parte delle volte non compatibile con un ciclo virale efficiente (infettare le cellule, penetrare, riprodursi).

Quali sono gli eventi che aumentano il numero e la diversità delle Varianti?

Fondamentalmente uno: Il numero di replicazioni virali, in rapporto direttamente proporzionale.

Più replicazioni virali = maggior numero di varianti

Maggior numero di varianti = maggiore probabilità di varianti più contagiose e\o letali.

Questo rende chiaro come frenare i contagi serve a ridurre il numero di replicazioni virali e quindi ridurre il rischio di comparsa di nuove varianti.

Come si trovano le varianti ?

Cercandole!

Cercare le varianti significa sequenziare il genoma e confrontarlo con quello originale. Con un genoma di oltre 29.000 basi è uno dei virus a RNA con il genoma più lungo e complesso. Il sequenziamento oggi viene eseguito con dei sequenziatori computerizzati che hanno reso il lavoro molto più rapido rispetto ad un tempo. Lavoro che ha un costo e quindi necessita di personale qualificato con competenze particolari. Tanto per intenderci deve essere frutto di un progetto con capitale iniziale umano e finanziario.

In Inghilterra durante il secondo semestre del 2020 hanno predisposto un piano, finanziato con 20 milioni di sterline, per riuscire a sequenziare il maggior numero di campioni possibile. In questo momento sono capaci di esaminare circa 10.000 campioni a settimana.

In Italia non esiste alcun piano, non esiste alcun finanziamento pubblico, e tale mansione è lasciata alla buona volontà di pochi laboratori pubblici, quali lo Spallanzani di Roma, il Sacco di Milano, la microbiologia dell’università di Padova e pochi altri. Il risultato è evidente e la capacità di capire cosa sta succedendo ovviamente si riduce con le conseguenze immaginabili sul piano dei dati sanitari. Si spera che la lezione stia servendo e si sviluppi la capacità di inseguire il virus e tallonarlo e non subirlo come spesso è successo.

Quali sono le varianti clinicamente rilevanti nella pandemia  SarsCoV2 ?

  1. LA VARIANTE INGLESE (VOC 202012/01) è stata isolata per la prima volta nel settembre 2020 in Gran Bretagna, mentre in Europa il primo caso rilevato risale al  novembre 2020. È monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata, ma al momento non sono emerse evidenze di un effetto negativo sull’efficacia dei vaccini
  1. LA VARIANTE SUDAFRICANA (501 Y.V2) è stata isolata per la prima volta nell’ottobre 2020 in Sud Africa, mentre in Europa il primo caso rilevato risale a dicembre 2020. È monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata, e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da COVID-19
  1. LA VARIANTE BRASILIANA (P.1) è stata isolata per la prima volta nel gennaio 2021 in Brasile e Giappone. Alla data del 25 gennaio 2021 è stata segnalata in 8 Paesi, compresa l’Italia. È monitorata perché ha una trasmissibilità più elevata e perché dai primi studi sembra che possa diminuire l’efficacia del vaccino. Si studia se possa causare un maggior numero di reinfezioni in soggetti già guariti da Covid-19

Esistono, al momento, valutazioni su varianti isolate in Messico, California, Nigeria ed in altri paesi, ma non vi sono dati concreti in atto.

La Variante a maggiore diffusione in Italia è sicuramente quella inglese, che ai primi di marzo rappresenta ben il 55% dei nuovi contagiati.

Per capire cosa significhi l’arrivo di un ceppo virale che ha la capacità di contagio del 40-50% superiore al ceppo nativo basta scorrere i dati inglesi sui contaggi giornalieri durante i mesi di dicembre 2020 e gennaio 2021, quando si è passati nel giro di pochi giorni da 10.000 a 60.000 casi, con ovvio conseguente aumento della letalità che ha raggiunto picchi anche di 2.000 morti al giorno. Incremento non determinato da variante con letalità maggiore della precedente ma per la maggiore capacità di contagio. Coinvolgendo un numero di soggetti 5-6 volte più grande, incrementa il numero di persone fragili, che sono poi quelle che pagano il prezzo più alto in termini di decessi.

Purtroppo non è difficile non prevedere per le due settimane finali di marzo e le prime due settimane di aprile uno scenario analogo in Italia.

Cosa si può fare per arginare la marea montante?

Abbiamo una vecchia arma che ha funzionato con le prime ondate e sui ceppi nativi, che è quella della prevenzione con distanziamento sociale, mascherine, pulizia delle mani, chiusura di attività non necessarie, lockdown più o meno serrati.

Questo sistema di difesa ha un costo economico elevato e, ad un’analisi approfondita rivela una disparità di trattamento fra le varie componenti sociali, ma è stata in grado di arginare la pandemia e ridurre vistosamente la mortalità.

Ricordo che il prezzo pagato in Italia, in termini di mortalità, negli ultimi dodici mesi è stato di 98.635 deceduti (al 3 marzo 2021), come se fosse scomparsa una città come Ancona od Udine.

Ricordo anche che oltre il 90% di questa mortalità è da ascrivere alle classi di età superiore ai 75 anni: la nostra Memoria Collettiva.

Ricordo ancora che i guariti dalle forme acute possono presentare, in una percentuale non trascurabile, quella che viene chiamata “Long Covid19 Syndrome”, entità nosografica ancora da inquadrare con precisione, ma che può comprendere anche esiti permanenti a carico di vari apparati.

La novità rispetto al passato è rappresentata dai vaccini che hanno fatto il loro esordio ed irruzione sul campo alla fine del mese di Dicembre 2020. Non voglio entrare nel novero delle polemiche che stanno accompagnando le campagne vaccinali in Europa, ma la strategia vaccinale europea è stata miope e per certi versi ingenua.

Facciamo due conti:

In Italia i contagiati SARS-COV2 sono stati 2.946.000. A questi dobbiamo aggiungere 4.757.890 somministrazioni vaccinali, che si traducono in 1.496.267  soggetti con doppia somministrazione, ai quali bisogna aggiungere 1.765.426 soggetti vaccinati con una singola dose (dati aggiornati al 3 marzo 2021). Quindi abbiamo 2.946.000 soggetti ex Covid a cui aggiugere 1.496.267 di soggetti con vaccinazione completata e 1.765.426 con singola somministrazione, che secondo i dati che emergono dai Paesi che hanno scelto la strategia di singola dose (Gran Bretagna e Israele), hanno mostrato una rilevante copertura, quanto meno dalla forma grave .

In Italia quindi abbiamo, al 3 marzo 2021, uno zoccolo di popolazione costituita da 6.207.693 persone con una immunità completa e\o rilevante che costituisce circa il 10% della popolazione. Risultato ottenuto in due mesi di campagna vaccinale.

Per ottenere risultati visibili sul piano dei contagi dobbiamo raggiungere il 35% della popolazione. Per ottenere la cosidetta Immunità di gregge dobbiamo andare oltre il 70% – limite che poteva andar bene con il ceppo nativo, ma che è insufficiente con le varianti più contagiose – e raggiungere almeno l’80% della popolazione.

Tradotti in cifre per il primo obbiettivo bisogna vaccinare 21.000.000 di soggetti, per il secondo obbiettivo 48.000.000 di persone .

BISOGNA FARE BENE E PRESTO.

Gli errori verranno pagati in mortalità e depressione economica.

Ed infine un ultimo punto; enorme, gigantesco problema.

Quello che abbiamo prospettato per l’Italia DEVE essere immaginato per l’intero globo, perchè mantenendo focolai sparsi per il mondo avremo a che fare con questo virus per i prossimi decenni. Soprattutto con le sue varianti, e dato che la realtà spesso supera la fantasia, con questo tipo di sorprese è raccomandabile la massima prudenza.

Il nodo è sempre lo stesso, quello del PROFITTO. Bisogna stabilire se i brevetti per i vaccini debbano perdere il copyright ed essere disponibili per tutta l’umanità.

Chi è sensibile a questo argomento vada sul sito EUROPEAN CITIZENS’ INITIATIVE, legga e poi decida.

Dedicato  a tutti coloro che non ce l’hanno fatta, a quella generazione di padri, madri e di nonne , nonni, che è stata falciata in questi drammatici mesi, portando per sempre via, il loro affetto, la loro memoria familiare, i loro sorrisi.

Abbiamo il dovere di trovare soluzioni migliori. Lo dobbiamo a loro.

                                                                                  Aldo Di Piazza

Aldo Di Piazza: Nato ad Agrigento il 14/05/1950, ha conseguito la Laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Palermo nel luglio 1975 con 110/110 cum laude . Ha conseguito la specializzazione in Medicina Interna nel 1980 presso la Clinica Medica, diretta dal Prof. Edoardo Storti, dell'Università di Pavia . Ha prestato servizio come studente interno, dal 1971 al 1975, ed a seguire come Medico Interno sino al 1980, presso l'Istituto di Patologia Medica, diretta dal Prof. Giandomenico Bompiani, dell'Università di Palermo. Si è costantemente occupato di Metabolismo ed è stato responsabile del Centro Antidiabetico Mediterraneo, struttura accreditata al Servizio Sanitario Nazionale, sita a Palermo sino al 1990. Da allora sino al pensionamento, nel 2020, è stato responsabile di ambulatori territoriali di Medicina Interna e Diabetologia presso l'ASP 6 di Palermo e presso l'isola di Lampedusa nel poliambulatorio SSN. Grande esperienza nella gestione di patologie croniche e degerative sul territorio e nelle realtà isolane. Socio ordinario della SIMI (Società Italia Medicina Interna) e della SID (Società Italiana Diabetologia) da lunga data. Della SIMDO (Società Italiana Metabolismo Diabete Obesità) più di recente. Componente del Consiglio Direttivo Regionale SID per due quinquenni. Amante della lettura, della musica e della fotografia.
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