La difesa di Salvini strappa un rinvio a Catania, ma sulla Gregoretti era una scelta unilaterale e arbitraria

Sulla decisione del Giudice dell’Udienza preliminare di Catania ha sicuramente pesato la prassi seguita anche dall’attuale Governo che continua a ritardare l’ingresso nelle acque territoriali alle navi private che hanno soccorso naufraghi in acque internazionali. Il giudice Sarpietro ascolterà anche il premier Giuseppe Conte, l'ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, l'ex vicepremier Luigi Di Maio oggi ministro degli Esteri ed anche l'attuale titolare del Viminale Luciana Lamorgese

Conferenza stampa Matteo Salvini e Giulia Bongiorno a Catania il 3 ottobre 2020 dopo l'udienza in Tribunale

di Fulvio Vassallo Paleologo

Il Giudice dell’udienza preliminare di Catania ha deciso un rinvio per svolgere un’ulteriore attività istruttoria, come richiesto dalla difesa dell’ex ministro dell’interno e dalle parti civili.  Il gup di Catania ha rinviato l’udienza preliminare di Matteo Salvini per il caso Gregoretti al 20 novembre, quando sarà sentito il premier Conte e l’ex ministro Toninelli, mentre il ministro degli Esteri Di Maio e la ministra dell’Interno, Lamorgese, il 4 dicembre. Le dichiarazioni dei sostenitori del leader leghista e dei suoi alleati rafforzano adesso il tentativo di caratterizzare come “politico” il processo nei confronti dell’ex ministro dell’interno, quando si tratta di accertare fatti penalmente rilevanti, sui quali il Tribunale dei ministri di Catania aveva puntualmente individuato responsabilità personali, che nulla hanno a che fare con il giudizio politico sulla vicenda, come i leader del centro destra ed i media a loro disposizione tentano di fare credere.

Come avevamo previsto, sulla decisione del Giudice dell’Udienza preliminare di Catania ha sicuramente pesato la prassi seguita anche dall’attuale Governo che continua a ritardare l’ingresso nelle acque territoriali alle navi private che hanno soccorso naufraghi in acque internazionali, magari dopo che la Centrale operativa della guardia costiera (IMRCC) ha negato che si trattasse di un evento di soccorso ricadente sotto la propria responsabilità. “Sono contento che debba essere ascoltata anche l’attuale ministro dell’Interno Lamorgese e che le si possa chiedere: avete fatto qualcosa di diverso l’anno successivo? Perchè in decine di interviste si dice che l’iter è stato lo stesso, anche con una permanenza di 11 giorni, e non 4, in attesa di ricollocamento”.

Ma può essere nascosto soltanto da commentatori in mala fede il dato oggettivo che la nave Gregoretti era (ed è) una nave militare italiana, e che dunque i naufraghi trattenuti arbitrariamente a bordo si trovavano già in territorio italiano da quando erano saliti sulla nave, a differenza di quanto si è verificato nel caso delle navi delle ONG che battono bandiera straniera, quando si trovano in acque internazionali. Tanto che tale differenziazione viene ripresa anche dal Decreto interministeriale del 7 aprile scorso, che pur presentando numerosi aspetti di illegittimità, non risulta applicabile al naviglio, privato o militare, battente bandiera italiana, Vedremo poi, nel successivo processo Open Arms a Palermo, come lo stesso Salvini abbia violato il diritto internazionale ed il diritto interno ordinando arbitrariamente il blocco dei naufraghi a bordo della nave Open Arms, ad una nave appartenente dunque ad una organizzazione non governativa. Procedimenti che hanno origine e natura diversa che non consentono alcuna generica assimilazione.

Prima Salvini ha preteso i pieni poteri per decidere sulla chiusura dei porti ed adesso cerca di scaricare sugli altri ministri responsabilità penali che sono esclusivamente sue… proprio in base al decreto sicurezza bis da lui imposto. Che peraltro stabiliva il rispetto degli obblighi internazionali di soccorso che con diverse modalità sono stati violati tanto nel caso Gregoretti che nel caso Open Arms.

Secondo il decreto legge n.53 del 14 giugno 2019, contenente “Disposizioni urgenti per il potenziamento dell’efficacia dell’azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza”, conosciuto come decreto Sicurezza bis, approvato definitivamente dal Senato il 5 agosto del 2019.“Il Ministro dell’interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 1 della legge 1° aprile 1981, n. 121, nell’esercizio delle funzioni di coordinamento di cui al comma 1-bis e nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia, può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero quando si concretizzano le condizioni di cui all’articolo 19, comma 2, lettera g), limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689. Il provvedimento e’ adottato di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri”.

Si può quindi ritenere quanto affermato dal Tribunale dei ministri di Catania, che mira ad un accertamento delle responsabilità personali e non ad un processo politico : “La decisione del ministro ha costituito esplicita violazione delle convenzioni internazionali in ordine alla modalità di accoglienza dei migranti soccorsi in mare e, al contempo, non sussistevano profili di ordine pubblico di interesse preminente e tali che giustificassero la protratta permanenza dei migranti a bordo della Gregoretti”. Per lo stesso tribunale, “per il reato di sequestro di persona “è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevolezza di infliggere alla vittima la illegittima restrizione della sua libertà fisica, intesa come libertà di locomozione”. Si trattava dunque di “una costrizione a bordo non voluta e subita, sì da potersi qualificare come apprezzabile e dunque penalmente rilevante l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto”. Non si può certo comparare la limitazione della libertà personale a tempo indeterminato inflitta su una nave militare con un equipaggio limitato, non certo addestrato a fare fronte ai molteplici bisogni dei naufraghi, con quanto previsto dal governo in carica in ordine al trattenimento dei naufraghi sulle navi destinate alla quarantena, censurabile sotto l’aspetto umanitario ma giuridicamente conforme alla legislazione vigente, dopo che il governo ed il Parlamento hanno stabilito lo stato di emergenza per frenare i contagi da COVID-19. Le relazioni dell’Autorità garante per le libertà personale sul caso Gregoretti e sui casi delle navi traghetto per a quarantena, a bordo delle quali opera adesso la Croce Rossa, non potranno certo essere ignorate dai magistrati.

La Procura di Catania ha insistito sulla richiesta di proscioglimento del senatore Salvini, come aveva già anticipato in passato il Procuratore Zuccaro. Già il 20 settembre 2019 il Procuratore della Repubblica di Catania, a seguito della trasmissione degli atti da parte della Procura della
Repubblica di Siracusa e della successiva attività istruttoria, aveva chiesto
al Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Catania di disporre l’archiviazione del procedimento iscritto nei confronti del Ministro dell’interno Matteo Salvini «per infondatezza della notizia di reato».

La richiesta di archiviazione ribadita oggi dalla Procura di Catania ha anticipato le tesi sostenute dalla difesa dell’ex ministro dell’interno, come se lo stato di diritto ed il rispetto delle leggi potesse piegarsi alle “istanze della maggioranza degli italiani”, come sostiene Giorgia Meloni, o come se la “difesa della sovranità, dei confini nazionali” fosse una ragione per eludere il rispetto delle norme stabilite a difesa della libertà personale. Chi sostiene che il processo Gregoretti abbia “natura politica” e che le scelte di Salvini sulla Gregoretti siano in sostanza insindacabili perché finalizzate alla “difesa dei confini”, come se questa potesse configurarsi come una causa di giustificazione, abdica alla sua funzione di magistrato indipendente e rimette alla polemica politica ed alle maggioranze nei sondaggi l’applicazione delle leggi dello Stato, un precedente gravissimo che mina alle fondamenta lo Stato di diritto e la Costituzione italiana.

A sostenere l’accusa rimangono soltanto poche parti civili, perchè nessuna delle ONG ha ritenuto di costituirsi in questo processo, ma saranno in tanti gli italiani che affiancheranno l’impegno delle parti civili a portare avanti l’accertamento di tutte le responsabilità penali, individuate dal Tribunale dei ministri di Catania, che non possono essere coperte da un generico mandato per difendere la “sovranità nazionale”, conferito dagli elettori all’ex ministro dell’interno.

Dalla prossima udienza del 20 novembre saranno dunque sentiti a Catania, nell’aula bunker del carcere di Bicocca, il premier Conte e alcuni ministri del vecchio governo giallo-verde, ma anche di quello adesso in carica, come nel caso dell’attuale ministro dell’interno Lamorgese. In realtà le dichiarazioni che potranno rendere a Catania i politici chiamati in causa da Salvini sono già all’interno dell’atto di accusa predisposto dal Tribunale dei ministri di Catania, sul quale si è pronunciato lo scorso gennaio anche il Senato, concedendo l’autorizzazione a procedere ed escludendo la natura collegiale delle decisioni adottate sul caso Gregoretti.

Risulta peraltro agli atti del Tribunale dei ministri che già il 27 luglio 2019 la Centrale di coordinamento della Guardia costiera italiana (IMRCC) aveva richiesto al ministero dell’interno la indicazione di un POS (Porto sicuro di sbarco) richiesta che veniva respinta fino al 30 luglio 2019, per oltre tre giorni dunque. E quindi la decisione sullo sbarco o sul trattenimento delle persone che si trovavano a bordo della Gregoretti in quei giorni di luglio del 2019, mentre si svolgevano trattative con altri governi europei sulla destinazione dei naufraghi, era direttamente ed esclusivamente riferibile all’ex ministro dell’interno.

Già la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva fornito ai giudici precise informazioni sull’esistenza di ordini del giorno relativi al caso «Gregoretti» trattati nelle riunioni del Consiglio dei ministri eventualmente tenutesi tra il 25 ed il 31 luglio 2019, riferendo che, nell’unica riunione tenutasi in data 31 luglio 2019, la questione relativa alla vicenda non figurava all’ordine del giorno e non fu oggetto di trattazione nell’ambito delle questioni «varie ed eventuali» nel citato Consiglio dei ministri, né in altri successivi.

Il tentativo della difesa di Salvini, che chiama in causa altri membri del governo, e persino membri del governo successivo, se costituisce un rinvio dilatorio rispetto alla decisione del giudice dell’udienza preliminare, potrebbe tuttavia offrire maggiore spazio per le attività di indagine e di denuncia comunque consentite alle poche parti civili che si sono costituite, che vanno sostenute da un largo consenso popolare, ma soprattutto potrebbe tradursi in un boomerang per l’ex ministro dell’interno quando gli altri ministri chiamati in causa ribadiranno la natura personale ed individuale delle scelte adottate dal titolare del Viminale sul caso Gregoretti.

Quale che sia la valenza che si vorrà attribuire al diritto internazionale del mare ed alle trattative intercorse con altri stati europei per la redistribuzione dei naufraghi (rectius dei “richiedenti asilo”) nessun giudice potrà ignorare l’esistenza di un preciso obbligo in capo al ministro dell’interno che deve indicare tempestivamente alle autorità marittime le modalità dello sbarco dopo una operazione di salvataggio, conclusa addirittura a bordo di una unità militare battente bandiera italiana. La libertà personale delle persone è regolata dall’art. 13 della Costituzione e non può essere limitata al di fuori dei tempi e delle modalità previste dalla legge. La privazione della liberà personale non può diventare arma di ricatto su una trattativa internazionale, come è stato fatto nel caso Gregoretti, anche dopo che alcuni Stati europei avevano dato la loro disponibilità ad accogliere una parte dei naufraghi trattenuti a bordo della nave italiana.

La nave di soccorso può essere ritenuta un POS (Place of safety) temporaneo solo al fine del completamento delle operazioni di soccorso, ma le Convenzioni internazionali non autorizzano che possa diventare un luogo di trattenimento a tempo indeterminato dei naufraghi in attesa che le trattative tra gli Stati sul loro ritrasferimento, cosa ben diversa dal coordinamento ai fini del soccorso in mare, abbiano termine.

Il principio di sovranità nazionale può essere certo salvaguardato dopo lo sbarco a terra ed il completamento dell’operazione di salvataggio in mare, nel rispetto delle leggi italiane e della normativa europea (come la Direttiva sui rimpatri 2008/115/CE e le Decisioni del Consiglio Europeo) che prevedono l’identificazione dei naufraghi con l’approccio hotspot ( art. 10 ter T.U. 286/98 che riguarda precisamente “Disposizioni per l’identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare) le procedure per l’accesso alla protezione, il trattenimento amministrativo, il respingimento o l’espulsione degli stranieri irregolari. Le attività di identificazione e dunque le procedure di ritrasferimento in altri paesi europei si possono avviare soltanto dopo lo sbarco dei naufraghi a terra. E questo la difesa di Salvini lo dovrebbe ammettere senza cercare di imbrogliare le carte con la “traduzione” di singoli termini isolati dal complessivo contesto normativo delle Convenzioni. La privazione arbitraria della libertà personale dei naufraghi soccorsi da nave Gregoretti lo scorso anno si può ricavare già in base alla legislazione italiana vigente a quel tempo, e tanto devono fare i giudici. Una decisione su questo caso stabilirà il livello effettivo di rispetto in Italia dello “Stato di diritto”, da alcuni ritenuto ormai come un’ostacolo all’attuazione delle politiche di contrasto dell’immigrazione.

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