Colpita anche la Sea Watch 3, il mare torna privo di soccorritori

Fermo amministrativo imposto anche alla nave Ong "Sea Watch 3" al termine del periodo di quarantena in rada a Porto Empedocle. Fuori servizio così anche questa nave umanitaria che soccorreva migranti naufraghi nel Mediterraneo centrale. Discrezionalità per le quarantene e le ispezioni che confermano la caccia alle organizzazioni non governative e la loro criminalizzazione

di Mauro Seminara

Il copione è lo stesso già visto con le navi Ong Alan Kurdi e Aita Mari ed anche il comunicato stampa che ne ha dato annuncio, ieri sera, pochi minuti alle 23, sembra quasi un “copia e incolla” dei precedenti. Comunicato stampa che rappresenta ormai l’assoluta eccezione dell’ufficio relazioni esterne del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, silenzioso quando si tratta di migranti e navi Ong – anche quando dichiarano lo stato di emergenza a bordo – e produttivo per casi di balene e tartarughe salvate dai guardacoste. L’annuncio di ieri sera quindi è chiaro, per gli addetti ai lavori, già dalle prime righe: “In data odierna, ispettori della Guardia Costiera, specializzati in sicurezza della navigazione, hanno sottoposto la nave ‘Sea Watch 3′ di bandiera tedesca e gestita dall’ organizzazione non governativa Sea-Watch e.V. ad un’ispezione volta a verificare l’ottemperanza alle norme, ad essa applicabili, in materia di sicurezza della navigazione, protezione dell’ambiente e tutela del personale navigante“.

La Sea Watch 3, come recita lo stesso comunicato stampa, “è attraccata nei giorni scorsi dopo il periodo di quarantena successivo al trasferimento su nave Moby Zazà dei migranti presenti a bordo. Come per Alan Kurdi e Aita Mari, la Sea Watch 3 ha soccorso persone, le ha sbarcate vedendole trasferire a bordo di una “nave quarantena” – per le prime due era la nave Rubattino nel porto di Palermo – ha avuto imposto un periodo di quarantena al termine del quale è arrivata l’ispezione dei guardacoste specializzati in sicurezza della navigazione. “L’ispezione ha evidenziato diverse irregolarità di natura tecnica e operativa – recita la nota della Guardia Costiera – tali da compromettere non solo la sicurezza dell’unità e dell’equipaggio ma anche delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza ai migranti svolto dalla Sea Watch 3 così come alcune violazioni alle normative a tutela dell’ambiente marino“.

Le navi Alan Kurdi e Aita Mari, dalla fine del lungo fermo amministrativo, si trovano all’estero in porti di bandiera. La Ocean Viking, ammiraglia della ormai sparuta flottiglia di navi umanitarie, è sottoposta a quarantena al largo di Porto Empedocle. La Mare Jonio è anch’essa in quarantena, all’ancora nel porto di Augusta dal primo luglio. In mare, operativa, attualmente non c’é alcuna nave Ong, quindi alcuna nave disposta a soccorrere migranti; con le dovute eccezioni come la nave cargo “Talia” comandata dal capitano libanese Mohamad Shaaban che il 3 luglio salvò 52 persone in pessime condizioni fisiche e soltanto la sera del 7 luglio, quattro giorni dopo, ottenne lo sbarco a Malta, nel place of safety (luogo sicuro) di competenza, mediante un trasbordo. Con il fermo amministrativo imposto alla Sea Watch 3 si toglie quindi di mezzo un’altra nave scomoda che potrebbe salvare persone in difficoltà nel Mediterraneo centrale. Ma quello notificato alla nave di bandiera tedesca dalla Capitaneria di Porto al termine dell’ispezione pare, almeno in questa differenza, un “upgrade” rispetto ai precedenti relativi alle navi Alan Kurdi e Aita Mari.

“La nave è stata sottoposta a ‘fermo amministrativo’ che permarrà fino alla rettifica delle irregolarità rilevate in sede ispettiva e, per alcune di esse, sarà necessario l’intervento dello Stato di bandiera che detiene la responsabilità della conformità della nave rispetto alle Convenzioni internazionali e alla legislazione nazionale applicabile”. Precisando che l’attività effettuata dagli ispettori della Guardia Costiera “viene svolta nell’ambito dei consueti controlli di sicurezza, tutela degli equipaggi e protezione dell’ambiente marino demandati alla Guardia Costiera Italiana sulle unità navali di bandiera straniera, che arrivano nei porti nazionali“, si richiama nel comunicato stampa la Germania che di recente aveva introdotto un nuovo regolamento per le navi che effettuano soccorsi in mare come le quelle delle organizzazioni non governative. Il Ministero di Andreas Scheuer, ai primi di giugno, aveva infatti introdotto una sostanziale modifica al regolamento che nega alle navi “umanitarie” la classificazione “yacht” o “diporto” e le costringerebbe all’appartenenza al registro delle navi “trasporto passeggeri” oppure “cargo”. Le caratteristiche di queste due categorie navali, proprio nel caso della Sea Watch 3 che batte bandiera tedesca, rendono le modifiche da apportare a bordo impossibili oppure estremamente costose. Troppo onerose per una nave di 50 metri costruita nel 1953 come appunto la Sea Watch 3.

Nel “gioco” dei controlli tecnici e delle prevenzioni sanitarie però rimangono molti dubbi discrezionali e le differenze di trattamento saltano subito all’occhio a parità di circostanza. Le migliaia di navi provenienti dall’estero che fanno scalo nei porti italiani non vengono infatti sottoposte a quarantena. Questa sarebbe tra l’altro una inutile e costosa imposizione per equipaggi che non intendono sostare nei porti italiani o scendere a terra per uno scalo. Ma sarebbe un errore pensare che solo alle navi che hanno preso a bordo naufraghi migranti viene imposta la quarantena. Che il periodo di isolamento preventivo per applicazione di non ben specificato protocollo Covid-19 è una caratteristica azione riservata alle sole navi Ong lo dimostra il caso della nave cargo “Marina”.

La notte tra il 9 ed il 10 maggio di quest’anno, quando l’emergenza sanitaria era certo più motivabile di adesso che sono stati anche riaperti i transiti internazionali senza obbligo di quarantena, la nave cargo Marina era intervenuta in soccorso di 78 persone, naufraghi che migravano dal nord Africa, e magicamente in meno di due ore il mercantile li ha sbarcati a Porto Empedocle, ha salutato la Capitaneria di Porto, ha tolto gli ormeggi ed è andato via per i suoi affari. Teoricamente, anche la Ocean Viking poteva non essere interessata a sostare in Italia con il suo equipaggio, ma per questa nave Ong e per la Sea Watch 3, entrambe protagoniste di sbarco naufraghi nello stesso porto della nave cargo Marina – Porto Empedocle – nessuno si è posto il problema o ha rivolto il quesito sulle intenzioni del comandante a bordo. Quarantena immediata ed infine, per Sea Watch 3 come prima per Alan Kurdi e Aita Mari, fermo amministrativo fino a rettifica delle defezioni riscontrate dagli ispettori. Nel frattempo, tra respingimenti in luogo non sicuro operato dalla sedicente guardia costiera libica – che ha appena visto confermati i contributi economici italiani – e naufragi senza testimoni, tutti i cittadini europei potranno dormire sonni tranquilli.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

1 Commento

  1. Ma che commentiamo. E tutto una merda. Ho subito la stessa sorte di lucano 3 anni fa. La finanza hs fatto un blitz con venti uomini ha preso 20 afgani che piangevano per l allontanamemto i mi ha chiusoad horas lo sprar solo basa dosi su di una soffiata di una rc dipendente responsabilr della struttura licenziato per manifesta incapacità solo perché wuesta aveva una parente che lavorava in prefettura. La responsabile è stata sequestrata per 8 ore dalla gdf sotto interrogatorio e le è stato negato il diritto di chiamsrr l avvocato. Tutto wuesto srnza il rispetto della più elementare legge. Abudi e soprusi. Fanno quellp che vogliono perché nennuno paga per le stronzate che fanno e si sentono onnipotenti. Tutta metda. È ovvio che ciò che affetmo è tutto documentabile fino al fatto chr oggi a 4 anni ancora non mi hanno pagato.

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