Il “Silenzio di Stato”

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di Vittorio Alessandro

Per la legge, l’omissione degli atti dovuti è un reato, e di esso partecipa chiunque, avendone notizia ed essendo tenuto a intervenire, abbia omesso di farlo. Sulla morte di dodici persone in mare e su un episodio di respingimento verificatisi nella scorsa Pasquetta, l’Italia – apprendo da Avvenire – ha respinto le istanze di accesso agli atti per la ricerca della verità con la motivazione che la diffusione della documentazione relativa agli eventi SAR di quella giornata comporterebbe “pregiudizio concreto ai rapporti tra soggetti internazionali, in particolare con il governo libico e maltese”.

Quindi il soccorso in mare è entrato a far parte del lungo elenco delle materie coperte, in Italia, dal segreto di Stato. Non credo che questo nuovo vincolo tragga forza da un decreto motivato del Presidente del Consiglio, come esige la legge 124/2007 sulla sicurezza della Repubblica: si tratta, più probabilmente, del solito sistema di reciproche compiacenze fin troppo frequentato dalle nostre istituzioni.

Del resto, neppure ci troviamo, stavolta, di fronte alla morte tragica di cittadini italiani, come negli attentati terroristici che fecero saltare in aria pezzi del Paese e ci allenarono (fino a renderci immuni) ai processi interminabili e tortuosi, ai silenzi, alle deviazioni. Questi altri morti, sconosciuti e stranieri, sarebbero stati comunque destinati al silenzio. E silenzio sia.

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Ammiraglio in congedo, è stato a lungo responsabile della comunicazione della Guardia costiera e del reparto ambientale delle Capitanerie. Ha curato l’informazione istituzionale in occasione delle migrazioni via mare nel 2011 e del sinistro della Costa Concordia nel 2012; ha guidato la missione ambientale italiana Bahar in Libano nel 2006. Dal 2012 al 2017 ha presieduto il Parco Nazionale e l’Area marina protetta delle Cinque Terre. Nel 2014 ha pubblicato “Puntonave” (Mursia editore) e dal 2012 cura l’omonima pagina su Facebook.

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