Con la fine di Schengen si dissolve l’UE

Con la fine dello spazio Schengen si dissolve l’Unione Europea. Le conseguenze saranno devastanti anche sul piano economico e della fornitura delle merci, compresi i beni di prima necessità. Criticità per il diritto al ritorno anche degli italiani residenti all'estero e registrati all'AIRE. Crisi tra Malta e la Sicilia

di Fulvio Vassallo Paleologo

Il sistema Schengen, “la porta di accesso alla libera circolazione in Europa”a causa della diffusione della pandemia di COVID-19 è stato ufficialmente sospeso, su proposta della Commissione, dopo che diversi Paesi europei avevano deciso autonomamente di chiudere le proprie frontiere. Si tratta di una chiusura delle frontiere esterne rispetto ai Paesi terzi e di una chiusura, ben oltre il mero ripristino dei controlli di frontiera, ai valichi interni, aggravata dal blocco ormai quasi totale dei vettori aerei, navali e ferroviari.

La decisione di Bruxelles arriva nel momento in cui l’Unione Europea, dopo avere fallito qualunque impegno di politica estera, ancora sotto il ricatto di Erdogan, rimane arroccata su posizioni meramente repressive ai confini con la Turchia e nel Mediterraneo centrale, e si ritrova divisa anche sul fronte delle immense conseguenze economiche che deriveranno dal protrarsi del blocco della libertà di circolazione deciso come unica arma per contrastare la diffusione del COVID-19. Una divisione che si riscontra anche sul terreno della (mancata) collaborazione per una risposta sanitaria comune alla pandemia, con il conseguente prevalere dei nazionalismi covati da anni, frutto delle spinte di disgregazione innescate dai movimenti populisti e sovranisti.

Erano anni che alcuni Paesi, come  Francia, Germania, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia, avevano di fatto sospeso la libera circolazione all’interno dell’area Schengen per impedire i movimenti secondari dei potenziali richiedenti asilo, gli stessi anni nei quali i piani di ricollocazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo bloccati in Grecia ed in Italia fallivano miseramente. Come avevamo scritto, era quello il principio della fine dell’Unione Europea, incapace di una reale accoglienza anche nei confronti dei profughi siriani ed afghani, se non di modificare il Regolamento Dublino III sulla determinazione del Paese competente ad esaminare le richieste di protezione internazionale ed a garantire quindi accoglienza.

Schengen e le conseguenze nazionaliste

Il Regolamento Schengen prevedeva clausole di sospensione a tempo determinato, che nel tempo sono state utilizzate ( ed abusate) da diversi Paesi Schengen, ma la chiusura delle frontiere durerà questa volta a tempo indeterminato, come è indeterminata la durata e l’estensione della pandemia da COVID-19 che ha colpito l’Europa. Le conseguenze saranno devastanti anche sul piano economico e della fornitura delle merci, compresi i beni di prima necessità, perché senza la libertà di circolazione delle persone non è immaginabile sostenere i volumi di circolazione delle merci raggiunti fino ad oggi.

Le conseguenze politiche non saranno meno gravi. Gli Stati-nazione cadranno tutti nelle mani di partiti nazionalisti e questa svolta autoritaria segnerà il declino definitivo dell’Unione Europea come spazio governato in base ai principi di democrazia e partecipazione. La moltiplicazione delle frontiere accrescerà la criminalizzazione degli attraversamenti irregolari e complessivamente di qualunque forma di mobilità non autorizzata dalla polizia, dotata di un potere discrezionale che sfugge già oggi, con i divieti alla circolazione interna, ad una effettivo controllo giurisdizionale, potrebbe essere la fine dello Stato di diritto. Le regole violente del mercato e le speculazioni finanziarie potrebbero mettere in ginocchio l’Italia, come è avvenuto in passato con la Grecia, ma questa volta, probabilmente a causa della pandemia in corso, nessuno da Bruxelles o da Berlino potrebbe intervenire. La sorte peggiore toccherà ai lavoratori ai gradini più bassi della scala sociale ed alla quantità crescente di disoccupati, con conseguenze destabilizzanti sull’assetto democratico che finora è stato garantito dalle Costituzioni nazionali.

Il rientro degli emigrati italiani

Al di là degli studenti all’estero per i programmi Erasmus, o dei turisti da fare rientrare da mete esotiche, si pone il problema dei lavoratori italiani regolarmente residenti all’estero in diversi Paesi dell’Unione Europea, ed in Gran Bretagna, con una situazione davvero emergenziale, che per effetto della crisi indotta dal COVID-19 perderanno il lavoro, e quindi resteranno privi di qualsiasi reddito, se non dello stesso permesso di soggiorno. Saranno tutti sotto minaccia di espulsione, come si è già verificato a Malta, e dovranno avere il diritto di rientrare nel loro Paese quando ne faranno richiesta, ma nello stesso tempo improvvide ordinanze di alcuni governatori, tra cui il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, hanno di fatto decretato il blocco non solo della mobilità interregionale, ma anche dei viaggi di rientro via mare o via aerea verso il proprio Paese di origine. Il ritorno in patria in condizioni di sicurezza non può dipendere dalla concessione di un presidente di Regione in preda ad un delirio di onnipotenza.

Chi si trova nella posizione di avere perso il contratto e di trovarsi in un Paese che lo vuole espellere dovrà avere garantito il diritto del ritorno in Italia, nel rispetto di tutte le misure di precauzione già previste dai decreti adottati dal Governo italiano e replicati anche negli altri Paesi. Obbligo di registrazione, verifica delle condizioni di salute e periodo di quarantena dopo il rientro sono cautele necessarie che vanno adottate anche nell’interesse dei familiari. Non si può consentire però che cittadini già lavoratori a qualsiasi titolo in altri Paesi europei, compresi gli iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), che perdano il lavoro o il loro reddito, e che conseguentemente neppure potrebbero non avere più accesso al sistema sanitario dei Paesi ospitanti, siano bloccati dalla sospensione sine die della libertà di circolazione fin qui prevista dal sistema Schengen.

Il caso Malta e la chiusura della Sicilia

A Malta si è arrivati al punto che un autorevole membro del Governo ha minacciato gli italiani residenti nell’isola di espulsione nel caso in cui “perdano il reddito” aggiungendo anche la possibilità di essere privati delle cure mediche. Dichiarazioni che non hanno ancora trovato smentita, che hanno gettato nel panico centinaia di persone che non possono fare rientro in Italia per la sospensione dei collegamenti aerei e per i divieti imposti dal governatore della Regione Sicilia al traffico passeggeri sui traghetti. Malgrado la chiusura dello spazio aereo da sabato prossimo, il Governo maltese dichiara di essere disposto ancora a concedere singole autorizzazioni per voli di ritorno in patria. Per i propri cittadini soltanto? Forse a La Valletta qualcuno dimentica il grado di dipendenza di Malta dall’Italia, e dalla Sicilia in particolare, per i rifornimenti dei generi essenziali.

Occorre che il Governo italiano predisponga navi e traghetti per consentire il rientro in Italia, per ragioni motivate, ed ancora più se si presentassero esigenze di salute, di tutti i cittadini italiani che si trovano all’estero, e quindi anche a Malta, sia che vi si trovino per turismo o studio, sia che vi si trovino per lavoro, senza altre discriminazioni. Il diritto alla salute sancito dall’art.32 della Costituzione vale per tutti, senza distinzione di cittadinanza, ma anche senza esclusione per chi si trovi all’estero, a rischio sanitario, e nella impossibilità di fare rientro in Italia con vettori di linea. Le procedure di autodichiarazione, verifica sanitaria e quarantena obbligatoria a domicilio possono garantire già abbastanza la comunità nazionale e la salute pubblica.

Sembra adesso che potranno rientrare in Sicilia i cittadini residenti o domiciliati nell’Isola che attualmente si trovano a Malta. Il presidente della Regione Nello Musumeci, dopo un colloquio telefonico con l’ambasciatore italiano a La Valletta, ha autorizzato il trasporto di massimo 300 persone che arriveranno su un catamarano merci nel porto di Pozzallo. Qui i passeggeri saranno sottoposti a controllo sanitario, dovranno compilare l’autocertificazione e recarsi in quarantena obbligatoria.
Ieri, il permesso era stato negato perché il decreto del ministro dei Trasporti, che stabilisce limitazioni anche nei collegamenti marittimi da e verso la Sicilia, prevede eventuali deroghe solo per chi viaggia su navi che portano merci. L’ambasciata maltese ha chiarito stamane che sul catamarano, in partenza nelle prossime ore, ci sono anche derrate e quindi è stato possibile concedere l’autorizzazione”.

Una modalità di viaggio che rischia di estendere i casi di positività e l’esposizione al virus COVID-19. Vanno garantiti i diritti dei lavoratori tutti che si trovano all’estero, e perdono il reddito, di fare rientro nel loro Paese, senza mettere a rischio il diritto alla salute. Chi deve rientrare deve avere garantite condizioni di sicurezza che evitino il propagarsi del contagio. Non si comprende neppure se la possibilità di ritorno venga estesa anche ai cittadini italiani che lavorano regolarmente da anni a Malta e sono iscritti nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).

Qualora la Farnesina e le Ambasciate continuassero a rispondere negativamente sulle richieste di rientro in sicurezza si dovranno promuovere azioni legali con procedimenti d’urgenza per ottenere il rientro in Italia dei cittadini che ne facciano richiesta e per sospendere nei loro riguardi gli effetti dei provvedimenti di quei presidenti di Regione che hanno bloccato i traghetti invadendo le competenze nazionali, o hanno costretto il Governo a cofirmare i loro provvedimenti illegittimi. Una politica regionale bene orchestrata che sta mettendo in difficoltà un Governo sempre più debole. Una politica locale che sta dimostrando come “l’unità nazionale”, richiesta apparentemente da tutte le parti, nasconda un durissimo scontro di potere tra le destre, che controllano quasi tutte le regioni, ed il Governo a Roma, con l’esautoramento del Parlamento nazionale. Un gioco sporco, già sperimentato con le persone migranti nella gestione dei sistemi di accoglienza, che adesso si pratica sulla pelle degli italiani all’estero. Un gioco sporco che toglie il futuro all’Italia.

Flights to be suspended as from Saturday; ‘dark day for aviation industry’ – MIA
Wednesday, 18 March 2020, 07:37

Flights to Malta are set to be suspended as from Saturday, according to a notice to airmen.

The government is still to officially announce the decision, but MIA said in a statement that airspace will be closed as from Saturday.

The notice was published last night based on a decision by the health authorities. The decision was made to help limit and control the spread of Coronavirus in Malta.

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The suspension is set to start at midnight on Friday (21 March) and so far concludes on 11 April.

The ban does not apply to ferry flights, cargo flights, humanitarian flights and repatriation flights. Maltese authorities may also, in special cases, exempt individual flights.

Air Malta says it is likely to operate some flights for humanitarian, repatriation or other reasons related to the crisis. These are exempt from the restrictions.

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