Open Arms unico soccorritore, adesso 282 naufraghi a bordo

A bordo della Open Arms ci sono adesso 282 persone, naufraghi soccorsi in diverse operazioni SAR, che attendono un porto sicuro di sbarco. Il Mediterraneo centrale è pieno di navi militari, mercantili e guardie costiere ma solo la Open Arms è intervenuta in soccorso del barchino che aveva chiesto aiuto mediante Alarm Phone. A Taranto la Ocean Viking ha sbarcato i 403 naufraghi salvati nei giorni scorsi

di Mauro Seminara

La richiesta di soccorso diramata da Alarm Phone alle autorità competenti per il soccorso marittimo ed alla nave Ong Open Arms ha trovato un solo soccorritore disponibile. La nave della Organizzazione non governativa spagnola, un vecchio rimorchiatore, aveva a bordo già 237 naufraghi ed attendeva l’assegnazione di un porto sicuro da parte di Italia e Malta, entrambe autorità SAR competenti per vicinanza alla zona SAR della Libia che anche secondo le Nazioni Unite non si può considerare un Place of Safety (POS, porto sicuro). La Open Arms ha comunque accolto la richiesta di aiuto ricevuta ed inoltrata da Alarm Phone ed ha rintracciato e salvato 45 persone che la Ong ha definito in “precarie condizioni fisiche” (foto a destra). Il Mediterraneo centrale è adesso un mare fitto di navi militari – si veda anche l’operazione Sea Guardian della NATO – di tutti le nazioni europee, africane, mediorientali ed atlantiche, e vicino al quale insistono due Paesi dell’Unione europea con ampie aree SAR ed adeguate dotazioni per il soccorso navale. La richiesta di aiuto è stata comunque presa e compiuta dall’unica nave civile che aveva già evidenti difficoltà a causa dei precedenti salvataggi.

A bordo della Open Arms ci sono adesso 282 persone, naufraghi soccorsi in diverse operazioni SAR, che attendono un porto sicuro di sbarco. In Italia intanto si è riaccesa la polemica fomentata dalle opposizioni sovraniste che invocano “porti chiusi” e criticano l’apertura del porto di Taranto alla Ocean Viking che questa mattina vi ha sbarcato 403 naufraghi salvati nei giorni scorsi. Quello dell’apertura dei porti è quindi di nuovo oggetto di propaganda da parte di una – purtroppo – cospicua parte di italiani che non conoscono i dettami del diritto internazionale e rigettano le motivazioni per cui l’ex ministro dell’Interno rischia un processo, la capitana della Sea Watch 3 non poteva essere arrestata (come sancito in modo definitivo dalla Cassazione) ed anche le accuse a carico di Casarini (fondatore di Mediterranea Saving Humans) e del comandante della Mare Jonio) sono state archiviate su richiesta della Procura inquirente.

Mentre la Open Arms, con la linea di galleggiamento dello scafo provata dal carico, attende l’assegnazione di un porto sicuro, al largo della costa libica una fregata della Marina della Turchia vanta di aver soccorso un gommone – operazione SAR di ieri – carico di migranti che la stessa Marina militare turca ha poi affidato ad un pattugliatore libico incorrendo in un respingimento di profughi fuggiti dalla Libia e tutti potenzialmente richiedenti asilo. Una operazione che la fregata turca ha condotto mentre sul traliccio di castello svettava, oltre alla bandiera della Turchia, la bandiera della NATO. La nave era infatti in missione Sea Guardian, operazione navale appunto dell’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord (NATO). Nulla si muove invece sul fronte di Bruxelles, dove è stato assunto il reale stato del conflitto in Libia con l’ammissione degli Stati che hanno partecipato al Summit di Berlino di un doveroso passo indietro rispetto all’ingerenza militare in Libia e sulle costanti violazioni – denunciate anche dalle Nazioni Unite – dell’embargo sulle armi. L’Unione europea sa quindi che il conflitto libico non è una guerra civile ma non riconosce i migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo centrale dalla costa libica quali profughi. Quindi l’UE omette la necessità di un intervento umanitario per l’evacuazione dei migranti e degli sfollati interni in Libia.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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