Aereo abbattuto da missili Iran, dubbi geografici e logici

Tutte le fonti dell'ipotesi di abbattimento causato da missili sono di matrice militare o di intelligence americana. La prima ipotesi era stata basata sulla coincidenza tra l'orario di lancio dei missili iraniani che hanno colpito le basi USA in Iraq e quello di decollo del velivolo civile. I Servizi americani hanno poi aggiustato il tiro parlando di missili antiaereo lanciati dall'Iran che avrebbero colpito il Boeing 737

di Mauro Seminara

L’escalation bellica tra Stati Uniti ed Iran si tinge sempre più del colore mistificatorio con cui sono state legittimate guerre ed esecuzioni nella storia contemporanea. Gli eventi che si legano sotto la coltre della propaganda con cui si svia l’attenzione popolare dai fatti concreti sono principalmente tre e riguardano l’esecuzione sommaria che gli americani hanno attuato su suolo straniero (sia per gli assassini che per la vittima), la risposta missilistica dell’Iran per l’assassinio di un suo comandante generale, la strage – 176 morti – del velivolo ucraino caduto poco dopo il decollo dall’aeroporto iraniano di Teheran. Le ultime notizie, dopo che il governo iraniano aveva negato alla Boeing le scatole nere del velivolo, sono di una inversione di ipotesi per il disastro: adesso si tratterebbe di missili iraniani che hanno colpito l’aereo civile.

Ipotesi decisamente poco plausibile per una considerevole quantità di ragioni, la prima delle quali è l’effetto di un missile balistico a media gittata o antiaereo su un volo civile. In tal caso, non sarebbero le scatole nere a rivelare dettagli su un velivolo abbattuto da un missile. La “notizia bomba” che il Boeing 737 ucraino, carico di passeggeri iraniani ed ucraini, sarebbe stato colpito da un missile antiaereo iraniano è stata lanciata da NewsWeek (made in USA) e basata su tre fonti attualmente non esattamente attendibili: il Pentagono, i Servizi segreti americani ed i Servzi segreti iracheni (l’Iraq è sotto regime americano). La notizia di NewsWeek è stata poi ribattuta da un’altra testata americana, la CBS, che nel confermare la causa della strage cita l’intelligence americana come fonte di una informazione circa due missili iraniani intercettati dalla stessa intelligence a stelle e strisce.

Ci sono altre due logiche da analizzare perché non venga subito presa per verità assoluta l’idea dell’Iran che abbatte un aereo civile con propri cittadini a bordo per errore. La prima di queste è appunto che il velivolo decollava da Teheran, capitale dell’Iran, con passeggeri iraniani a bordo, e colpirlo per errore è una circostanza poco probabile. Un Boeing 737 previsto sui piani aerei di tutta la Difesa di uno Stato non è esattamente qualcosa che può trarre in inganno un militare dal grilletto facile. L’altra è la dislocazione geografica dei punti cardine. L’aeroporto internazionale di Teheran Khomeini si trova nelle immediate vicinanze della capitale – appunto Teheran – e quindi al confine nord dell’Iran, sul Mar Caspio. L’Ucraina si trova in direzione nordovest, mentre l’Iraq è a sudovest rispetto allo Stato dell’Ayatollah. Il velivolo non si sarebbe quindi dovuto trovare in spazio aereo prossimo a punti di lancio iraniani oppure a zone con possibili target militari da colpire con aerei da guerra nemici che l’Iran poteva confondere con il velivolo passeggeri civile.

Tra le ipotesi spunterebbe quindi a rigor di logica quella analoga al caso “Ustica”, con un aereo da combattimento occultato ai radar mediante volo sotto pancia di un velivolo civile. Questa ragione renderebbe anche più logica la decisione iraniana di voler tenere sotto la propria sorveglianza le scatole nere in cui sono anche registrate le voci dei piloti in cabina. Piloti che non hanno comunicato, da quanto si apprende, alcuna anomalia o richiesta specifica prima di precipitare ed esplodere al suolo causando la morte di tutte le persone a bordo. L’immagine di uno Stato talmente dissennato da colpire un velivolo civile che parte dalla propria capitale, uccidendo 176 persone, di cui buona parte propri concittadini, è però utile a chi deve adesso rapidamente cancellare l’errore madornale di una minaccia a siti culturali che non sono simboli del nemico (l’Iran) ma di tutta l’umanità. Così, dal criminale di guerra Donald Trump, presidente degli Stati Uniti che ha ordinato una esecuzione senza esibire prove e senza processo in suolo nemico, l’attenzione si sposta sui presunti criminali iraniani che avrebbero ucciso 176 civili per sbaglio.

Una pista invece poco battuta è quella che riguarda gli assetti militari americani e Nato in Medio Oriente. Questo intenso traffico aereo – e non solo – potrebbe anche avere a che fare con l’incidente del Boeing ucraino. Su Il Manifesto di oggi, in un articolo di Antonio Mazzeo, esperto osservatore di attività militari e convinto militante anti guerra, vengono elencati alcuni importanti movimenti di assetti strategici americani in Medio Oriente. In particolare, i sistemi d’arma, letali, sono stati trasferiti da basi italiane a basi dislocate in Qatar. Lo stesso Paese del Medio Oriente alleato degli Stati Uniti e ripetutamente accusato da molte nazioni di essere punto di finanziamento ed armamento dei terroristi, inclusi quelli che avevano tentato di rovesciare il governo siriano di Bashar Al Assad. Da Aviano, in provincia di Pordenone, grande base militare USA, “i cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare del 555th Fighter Squadron di stanza ad Aviano sono stati trasferiti presso la grande base aera di Al Udeid in Qatar, la stessa da dove – secondo fonti britanniche e arabe – sarebbero decollati i due droni Reaper che hanno assassinato Sulejmani”. Questo trasferimento di assetti nucleari, spiega Mazzeo, si sarebbe verificato a metà novembre.

Antonio Mazzeo cita anche le fonti, che non hanno mai nascosto le operazioni se non camuffando come sempre i veri obiettivi: “Il trasferimento ad Al Udeid degli F-16 dall’Italia era stato spiegato in una nota dell’Air Forces Central Command per ‘assicurare la deterrenza e la potenza aerea necessaria a vincere la guerra’. Nei cieli del Medio Oriente ci sono quindi grandi manovre militari con aerei carichi di morte, buona parte dei quali appartenenti a Paesi membri della Nato ma in attività tutt’altro che mirata alla difesa dei membri della coalizione. In gran fermento è infatti anche la Turchia, seconda potenza militare Nato per presenza di insediamenti della coalizione, adesso impegnata anche nella guerra in Libia. La Turchia si trova ad ovest di Teheran, e confina con l’Iran. Escludendo quindi in maniera temporanea l’attendibilità delle fonti citate dai media americani, l’unica rimanente coincidenza è quella dell’orario approssimativamente simile tra il lancio dei missili balistici iraniani verso le basi USA in Iraq ed il decollo del Boeing 737 ucraino. Coincidenza di orario ma non di rotta e posizione geografica delle basi di lancio e degli obiettivi rispetto all’aeroporto di partenza del velivolo civile. Forse per questo, mediante la CBS, la cosiddetta “intelligence” a stelle e strisce si è affrettata ad aggiungere una ulteriore informazione in cui viene ipotizzato l’uso di missili antiaereo SA-15 invece della collisione – inizialmente allusa – tra i missili iraniani che hanno colpito le basi americane in Iraq ed il Boeing ucraino.

L’unica certezza è quella della traccia radar che ha registrato il tentativo del Boeing 737 ucraino di invertire la rotta per tornare all’aeroporto da cui aveva preso il volo, oltre alla morte di 176 civili.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*