Migrazioni e cambiamenti climatici, i segreti di Stato

La nave-officina Pantelleria, della Marina Militare italiana è giunta nel porto di Tripoli all'indomani del vertice di Malta con la specifica consegna di fornire assistenza alla marina libica per la manutenzione delle motovedette e l'addestramento nel contrasto ai traffici illeciti. Le Ong non potranno continuare le missioni umanitarie e dovranno attenersi a quanto ordinato dai libici. La rotazione dei porti rischierà di causare decine di omissioni di soccorso e migliaia di vittime nel Mediterraneo centrale

Libero adattamento della copertina di Cecità, il romanzo di José Saramago

di Mauro Seminara

Il documento sottoscritto a Malta, circolato nelle scorse ore, apre uno scenario sconfortante che va ben oltre quanto già prospettato su queste pagine digitali mentre quasi tutti alternavano a grande entusiasmo accuse di “porti aperti” per l’invasione. Mentre il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese “discuteva” – sul tavolo era già tutto pronto con un’intesa surreale – con i colleghi di Francia, Germania, Finlandia e Malta, la nave-officina Pantelleria della Marina Militare italiana era pronta ad affrontare la traversata verso Tripoli con a bordo tutto il necessario per la propria missione. In pompa magna, la Pantelleria è stata accolta dall’ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Buccino (foto in basso), che le ha dato il benvenuto nel teatro di guerra e martirio in cui esso rappresenta il Bel Paese.

La nave-officina Pantelleria, come annunciato dalla stessa Marina Militare italiana, “assisterà la Marina libica nella manutenzione dei natanti e nell’addestramento per contrastare i traffici illeciti”. In altre parole, qualora ve ne fossero ancora di dubbi, l’Italia procede spedita verso quella logica di “contenimento” di cui aveva parlato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte all’incontro missino di Atreju19

. La missione di assistenza tecnica e manutenzione della Marina Militare, che non si prepara certo in un paio d’ore come un trolley da bagaglio a mano, era quindi già sul tavolo del vertice di Malta quando Luciana Lamorgese (foto in basso) concordava specifici accordi sulla gestione dei flussi migratori da far impallidire anche Marco Minniti e Matteo Salvini.

Tra i punti firmati dai ministri degli Affari Interni presenti a Malta, tavolo del quale non facevano parte i colleghi delle più esposte Grecia e Spagna, c’è anche una nuova invenzione internazionale secondo cui ci sarà una sorta di “rotazione dei porti di sbarco” in sostituzione del “porto sicuro più vicino” prescritto dalla Convenzione di Amburgo in poi anche in altri Trattati internazionali. Ma questa non è l’unica aberrazione che i ministri degli Interni di 5 Stati membri, sui 28 di cui è ancora composta l’Unione europea, hanno messo nero su bianco. C’è di peggio e riguarda da vicino il numero di morti in mare che tale assurda idea potrà causare. La bandiera che svetta su una nave che dovesse trovarsi ad effettuare un soccorso, hanno deciso i cinque portenti, sarà la stessa dello Stato che dovrà aprire il proprio porto al soccorritore per lo sbarco.

Il giorno 11 ottobre 2013, per un conflitto tra due Stati che pretendevano ognuno fosse l’altro ad intervenire, un naufragio che si poteva evitare causò la morte di 268 persone tra cui anche 60 bambini. L’eventuale eliminazione del “porto sicuro più vicino” con il dirottamento delle navi verso il proprio porto di bandiera causerà in analogo modo un continuo “nascondersi”, con mancate risposte alle chiamate radio per attese da fiammifero acceso in mano. Ogni nave spererà che a passare dal punto di soccorso sia un’altra, magari una che batte bandiera di un porto davvero vicino, e nel frattempo conteremo morti risucchiati dai flutti del cimitero liquido più grande del mondo. Corpi in pasto ai pesci, pesci in pasto ai signori europei che così si sentiranno più sicuri senza che altre popolazioni ne contaminino i costumi e ne riducano l’opulenza.

Nulla meglio di un esempio può chiarire l’assurdità di tale intenzione. Se in transito, nel Mediterraneo centrale, dovesse trovarsi una nave mercantile battente bandiera del Portogallo, questa, in caso di obbligato intervento di soccorso, sarebbe costretta a deviare la propria rotta per condurre in un place of safety portoghese le persone salvate. A meno che il Portogallo non sia disposto ad inviare una nave militare sul posto, la nave mercantile dovrebbe deviare, tra andata e ritorno, di circa 2.500 miglia la propria rotta. Questo non potrà che incentivare l’omissione di soccorso nel Mediterraneo centrale e causare, con prevedibile frequenza, naufragi di barconi carichi di migranti. Dal versante opposto, l’Italia sta assicurando ai Paesi membri dell’Ue la totale ed incondizionata assistenza, in virtù dei propri accordi bilaterali, alla Libia ed alla sua cosiddetta guardia costiera. Adesso anche con la presenza stabile della nave-officina Pantelleria nel porto di Tripoli, che assicurerà ai complici dei trafficanti un maggior numero di motovedette in perfetto stato di manutenzione.

Nell’articolo di apertura di ieri abbiamo raccontato l’origine della consapevolezza mondiale sul fenomeno dei cambiamenti climatici. Vi abbiamo spiegato che l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici (IPCC, ndr), composto da un gruppo intergovernativo di scienziati ed esperti in materia, è stato costituito nel lontano 1988. Stiamo quindi parlando di 31 anni addietro, quando le Nazioni Unite, sulla scorta di relazioni su ricerche indipendenti, si sono rese conto della necessità di verificare con un proprio organo intergovernativo la fondatezza dell’allarme sui cambiamenti climatici. Cambiamenti sempre più radicali negli ultimi anni, tanto da esser divenuti un segreto che gli Stati ed i loro rispettivi governi non possono più nascondere. A smentire i negazionisti, di fatto, ci pensa la cronaca con i suoi continui servizi su cicloni di potenza inaudita, su nubifragi che devastano intere regioni, su migliaia di alberi spazzati via dal vento che lascia intere colline calve e sui ghiacciai che continuano a sciogliersi sotto l’aumento vertiginoso delle temperature atmosferiche e degli oceani.

Una percentuale considerevole di migranti nel mondo è costretta a muoversi a causa dei cambiamenti climatici, motivo di gravi carestie e del troppo agevolato propagarsi di pandemie nella loro terra d’origine. Una parte di questi flussi migratori riguarda già anche l’Europa che, per opportunità politica ha deciso di definirla “migrazione economica”. Stiamo quindi parlando di quella stessa Europa che questa estate ha visto la colonnina di mercurio superare i 40 gradi anche a Parigi e Bruxelles, che non sono proprio città tropicali della fascia equatoriale. Se i cambiamenti climatici mettono adesso a rischio allevamenti ed agricoltura del nord Europa, possiamo immaginare quali rischi stia correndo il Mezzogiorno d’Italia e quali conseguenze siano già in atto da nord a sud del deserto del Sahara. Il rischio, serio e concreto, è che domani i siciliani verranno trattati come oggi i migranti “economici” del Burkina Faso. Eppure, disgraziatamente, anche in Sicilia ci sono oggi incoscienti che plaudono alle politiche dei porti chiusi.

L’accordo di Malta è estremamente repressivo anche nei confronti delle navi delle Ong che dovessero effettuare soccorsi in mare. Navi di Organizzazioni non governative che in alcuni casi sono le stesse che in Congo curano i malati di ebola mettendo a rischio la propria vita per quella del prossimo, come in Libia, dove cercano di dare assistenza ai migranti ed agli sfollati libici della guerra in corso. La trasversalità politica sul fronteggiare i flussi migratori invece di governarli con gestioni umane più che umanitarie, unita alla scoperta della pregressa conoscenza dei governi che fanno parte delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, apre quindi uno scenario raccapricciante di repressione politica consapevole e omicida degna di quella “Cecità” nata dalla penna di Josè Saramago andata in stampa nel 1995.

Nel romanzo dello scrittore Premio Nobel per la letteratura viene descritto un virus, il “mal bianco”, che rende tutti ciechi con una rapidità di contagio devastante. Il Governo di Saramago decide di attuare una politica di repressione, chiudendo in una disumana, degradante quarantena tutti i cittadini affetti dalla strana improvvisa cecità. L’esperienza dei sopravvissuti alle conseguenze del virus che ha reso comunque tutti ciechi, inclusi gli stessi governanti, ha permesso di comprendere che la vera cecità era in atto prima del virus. Quando tutti credevano di vedere e per questo si sentivano sicuri. Interrogarsi sul perché governi di sedicente sinistra, di centro o di presuntuosa estrema destra siano tutti assolutamente concordi sulla necessità di sbarrare il passo alle migrazioni è oggi ineludibile. In particolare, ci si deve chiedere cosa conservano nei cassetti dei Segreti di Stato i Governi che oggi ammettono l’esistenza dei cambiamenti climatici ma considerano i propri simili al pari delle bestie da tenere alla larga, la dove gli stessi cambiamenti climatici finiranno per ucciderli.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*