Due Matteo non fanno un Mattei

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Giocando con una piccola forzatura sull’inesistente plurale di un nome proprio di persona, potremmo dire che due Matteo non fanno un Mattei. Forse perché Mattei è un cognome, quello di Enrico. Oppure perché i Matteo, quelli che di cognome fanno Salvini e Renzi, a differenza di Mattei, degli interessi nazionali non hanno proprio voglia di occuparsene e di tempismo non capiscono granché. La differenza, tra i due Matteo, pare consista solo nella capacità di saper contare. Se il primo, il “padano”, fidandosi, si dice, della parola di un altro leader politico che prometteva di non sostenere il M5S al momento dello “staccar la spina”, aveva dimenticato di contare i propri parlamentari pensando solo ed unicamente a quanti gliene promettevano i sondaggi in caso di nuove elezioni, nel caso dell’altro Matteo, il toscano, il conto dei propri fedeli onorevoli è stato scientifico.

Grande attesa per l’annuncio ufficiale di Matteo Renzi che, dalla sua cara Leopolda, neanche il tempo di formarsi il Governo che stava riunificando il Partito Democratico sotto un’unica condivisa missione, ha deciso di portar via la sua “corrente interna”. Il perché è presumibile. Sapendo appunto contare, a differenza dell’altro Matteo, quello dei mojito in spiaggia, il Matteo toscano ha pensato bene che i suoi costituiscono un numero di voti in Parlamento sufficiente per far andare il Governo in minoranza. E questo ha un prezzo. Se era il momento meno adatto per dividere il PD che stava ritrovando unione di intenti, con gli esuli di Liberi e Uguali e la sinistra di Sinistra Italiana, poco importa. Entrambi i Matteo quindi, per miserabile arrivismo personale, per una poltrona in più o per potersi millantare “leader”, distruggono ciò che anche solo per sbaglio avevano creato: un governo, un partito, una ritrovata quiete, un programma politico. Un Mattei invece non è il plurale di tanti Matteo. Non ne basterebbe un esercito di Matteo per fare anche solo un Enrico Mattei. Un Mattei è un dirigente che, chiamato a liquidare una compartecipata definita quale perdita per lo Stato come oggi l’Alitalia, fece grande l’Italia permettendone l’industrializzazione e rendendola un temibile avversario anche per le superpotenze mondiali. Per le sue grandi capacità, Mattei venne ucciso. I Matteo invece non intimoriscono nessuno e sanno benissimo fare harakiri da soli.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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