No Muos tornano in piazza: “Impianto è un pericolo per la Sicilia”

Sono tornati a manifestare, per le vie di Catania, gli attivisti “No Muos”. L’impianto militare americano per la comunicazione satellitare “rende la Sicilia un obiettivo da attaccare”. Le varie sigle presenti precisano anche di non volere in Sicilia un sistema che serve a pilotare guerre

di Clara Statello

Catania si dipinge delle bandiere No Muos. Ieri un migliaio di attivisti e militanti pacifisti, antimilitaristi, indipendentisti, comunisti e ambientalisti sono scesi per strada nel capoluogo etneo per gridare ancora una volta la propria contrarietà alle mega antenne satellitari, imposte nella riserva naturale della sughereta di Niscemi dagli Stati Uniti, per condurre le guerre della Nato contro i popoli in ogni lato del mondo. Il no al Muos non è una rivendicazione “nimby” (di preclusione locale a realizzazioni infrastrutturali, ndr), ma si accompagna alla contrarietà alle basi militari USA e alle altre installazioni dislocate su tutto il territorio siciliano (ma anche italiano), che fanno dell’isola una piattaforma militare al centro del Mediterraneo, area di crescente interesse geostrategico cruciale per gli Stati Uniti, che vogliono mantenerne l’egemonia sulla zona dinnanzi alle sempre più crescenti attività di Russia e Cina.

Per questa ragione la Sicilia, così come la Sardegna, è oggetto di una sempre maggiore militarizzazione, che la rende sia base potenziale di attacco militare, com’è avvenuto durante la guerra in Libia nel 2011, sia potenziale bersaglio di rappresaglia. Le basi e le installazioni militari nell’isola sono state via via potenziate. Il Muos, anziché essere smantellato, come aveva proposto il “Governo del cambiamento”, verrà sottoposto a lavori di consolidamento. Sigonella, capitale mondiale dei droni, vedrà la costruzione di ulteriori antenne di comunicazione. Augusta ospita sempre più spesso sottomarini nucleari, come è avvenuto durante l’esercitazione militare della Nato Dynamic Manta, conclusasi lo scorso 9 marzo. Poi ci sono Trapani-Birgi, i radar di Lampedusa, ecc.

La protesta di ieri apre una calda estate di mobilitazioni contro la militarizzazione e contro le grandi opere, come quella contro il Ponte sullo Stretto, e avviene proprio mentre si riaccendono le polemiche sul Muos. Pochi giorni fa, infatti il comune di Niscemi è ricorso contro il Ministero della Difesa, che ha deciso di avviare lavori di consolidamento, bypassando le autorizzazioni delle autorità locali. Contemporaneamente va avanti il processo in appello contro l’abusivismo delle mega antenne Muos in contrada Ulmo. La sentenza potrebbe addirittura arrivare alla prossima udienza che si terrà il 18 luglio. In questo contesto i No Muos sono tornati a far sentire la propria voce.

Ma ci sono altre ragioni che hanno spinto i manifestanti a scendere in piazza. Gli italiani pagano la strategia militare degli USA in termini di tagli ai servizi sociali fondamentali: istruzione, sanità, infrastrutture e trasporti. Il gettito che serviva a finanziare lo stato sociale viene dirottato verso le spese militare, manutenzione delle basi, acquisto di armi, etc. Ma non solo questo: si denuncia una vera e propria colonizzazione culturale. Mentre le scuole cadono a pezzi e la qualità dell’insegnamento viene svuotata di qualità, progetti “educativi” di alternanza scuola lavoro, permettono ai Marines di mettere piede nelle scuole e svolgere attività con gli studenti, per lo più minori. La guerra entra in classe. Infine, i siciliani che hanno aderito alla manifestazione non vogliono essere complici delle guerre di aggressione degli USA ai popoli.  I manifestanti ribadiscono la propria solidarietà internazionale ai popoli che resistono.

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