Salvini su Marte

di Mauro Seminara

di Mauro Seminara

Stando a superficiale analisi, o alla propaganda del diretto interessato, sembrerebbe che tutti ce l’abbiano con il povero Salvini. Un complotto globale contro l’uomo che vuol porre fine alla pacchia di tutti. Le Nazioni Unite, la Corte europea, il Vaticano e la magistratura, tutti contro Matteo Salvini. In realtà, l’unico che si accanisce ferocemente contro Matteo Salvini è proprio Matteo Salvini. La puntata di ieri sera di Non è l’Arena è la rappresentazione dell’epilogo del leader leghista ed anche al contempo la dimostrazione del perché. Una scena tragicomica di fantozziana memoria in cui mancava soltanto un biascicato “come è umano lei” pronunciato dal povero ministro dell’Interno. Salvini, in collegamento da Firenze dove, neanche a dirlo, è atteso in piazza per la campagna elettorale, parte da leone e minaccia denunce a chi dovesse fare scendere i profughi dalla nave Sea Watch 3 che si trova a largo di Lampedusa. Un vero leone ruggente che assicura lo stesso trattamento, la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche se si trattasse di un magistrato. Peccato però che mentre il ministro, sicuro e motivato, minaccia denunce e assicura il divieto di sbarco, a Lampedusa erano già sbarcati i primi due dei restanti 47 profughi a bordo della nave Ong. Eppure, in linea con la sua risposta alle polemiche dei giorni scorsi sulla scarsissima presenza del ministro al Viminale, aveva aperto il collegamento con Massimo Giletti scusandosi per lo smartphone in mano: gli serviva per continuare a lavorare anche durante il programma. Certo, Salvini lo aveva detto che con i suoi due telefoni avrebbe potuto fare il ministro anche da Marte.

Giletti legge una nota stampa del Procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, al ministro – nella prima parte dei quasi cinquanta minuti di collegamento – che nel frattempo segue lo stesso testo dal suo “Viminale Android”. Purtroppo, pare che né il conduttore né il ministro ne comprendano il significato. La nota di Patronaggio, annunciando il disposto sequestro probatorio, precisava: “…ponendo il mezzo navale a disposizione di questa Procura che ne ha disposto, previo sbarco dei migranti, il trasferimento sotto scorta nel porto di Licata. I migranti posti in salvo saranno affidati a personale della Questura di Agrigento per la identificazione e per i necessari atti di polizia giudiziaria”. Quindi, ad inizio trasmissione era già chiaro che proprio come voluto dal ministro dell’Interno la nave Sea Watch 3 doveva ricevere le attenzioni della Giustizia italiana che ne aveva negato prima l’accesso alle acque territoriali italiane e poi l’accesso al porto di Lampedusa. Forse al ministro sfuggiva che se si sequestra la nave non vi si possono tenere sequestrate a bordo le persone. Forse il ministro dell’Interno non ha ancora compreso il reato di sequestro di persona di cui è già stato accusato. Parte così, negli ultimi venti minuti di collegamento da Firenze, in diretta televisiva, la terrificante figura da ministro che non sa cosa sta accadendo nel suo ministero. In studio arrivano le immagini in diretta da Lampedusa con lo sbarco dei restanti 45 migranti, i primi a scendere erano stati un disabile ed una donna in gravidanza. A questo punto il volto di Salvini si fa livido, il ministro inizia a sudare parecchio, prova a uscire dalle corde ma non ci riesce, non riesce a cambiare argomento ma capisce che qualcuno lo sta inchiodando all’angolo a suon di cazzotti, come quei pugili che non vedono più da dove arrivano i colpi. Poi, d’un tratto, nella sua mente pare formularsi un solo pensiero: il Movimento 5 Stelle lo sta accoltellando alle spalle. Giletti incalza e Salvini attacca Toninelli, probabile responsabile dell’autorizzazione allo sbarco in quanto ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture e quindi della Guardia Costiera.

I giornali di oggi titolano di crisi di Governo e liti tra M5S e Lega, ma il punto è un altro: il ministro dell’Interno non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo a Lampedusa e, preso da dirette televisive e successivi bagni di folla da campagna elettorale, non aveva compreso che indagare la Sea Watch 3 ed il suo equipaggio causava l’inevitabile sequestro probatorio e per procedere al sequestro bisognava far sbarcare gli “ospiti” della Ong. I profughi sono stati trasbordati su una motovedetta della Guardia Costiera che li ha condotti a terra, e per fornire questo supporto logistico alla Procura della Repubblica territoriale non è necessario che il Comando Generale delle Capitanerie di Porto chieda il permesso al Ministero dei Trasporti o a quella non pertinente dell’Interno. Salvini era su Marte, talmente distante dalla Terra che non riusciva a capire che quanto accaduto ieri non era un “atto politico dei magistrati” – come ha dichiarato dopo il programma – ma la diretta conseguenza dei suoi decreti e delle sue direttive ad navem. A fine collegamento, sudato e con un forte sapore di fiele sul palato, nel disperato tentativo di cascare in piedi, ma con la mente forse un po’ annebbiata, il ministro contraddice se stesso sul fatto che una persona indagata non è una persona colpevole – si riferiva minuti prima ai casi Siri e dintorni – e spara sulla Ong asserendo che se il pm ha disposto il sequestro vuol dire che: “Avevo ragione io. Questi hanno fatto i vicescafisti. Hanno aiutato i trafficanti di esseri umani ed è un reato gravissimo”. Il ministro dell’Interno che passa poco tempo a lavorare al Viminale cade così in un altro attacco contro se stesso e diffama la Ong tedesca Sea Watch, che è innocente fino a prova contraria, dichiarando che “hanno aiutato i trafficanti” sulla base di un sequestro probatorio che non rappresenta né un processo né tantomeno una condanna. Già la Ong Mediterranea Saving Humans aveva querelato il ministro dell’Interno per diffamazione aggravata, per le affermazioni contenute nella circolare ad navem. Questa potrebbe adesso costituire una seconda querela a Matteo Salvini per lo stesso reato. Tutto sommato, il ministro in campagna elettorale perpetua fa bene ad affidarsi alla Madonna. Forse però dovrebbe affidarsi alla Madonna di Porto Salvo, patrona di Lampedusa, come suggerito dal parroco dell’isola. È la patrona di un’isola pelagica, protettrice di tutte le persone alla deriva.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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