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Su Rousseau oggi muore il M5S

di Mauro Seminara

La piattaforma Rousseau ha dato un enorme slancio al nascente Movimento 5 Stelle nella sua fase costitutiva. La “democrazia liquida” che doveva coinvolgere gli elettori e renderli partecipi, pienamente, della vita politica non ha però mai superato una esigua soglia. Malgrado questa fosse stata di tutto rispetto, se confrontata ai numeri da direzione nazionale di partito in cui venivano prese le decisioni di programma, sempre che fosse una direzione e non una sola persona a prenderle, la democrazia partecipata non è mai del tutto decollata. Oggi però la piattaforma digitale Rousseau è sede di votazione degli iscritti chiamati a decidere come porre fine al Movimento 5 Stelle. Le opzioni sono due: riconoscere che il ministro Salvini insieme ad i correi confessi Conte, Di Maio e Toninelli hanno violato inutilmente la legge oppure rimangiarsi i principi fondativi del “movimento dell’onestà” e votare perché nessuna autorizzazione a procedere giunga nell’aula del Senato, con il rischio che il Governo finisca rinviato a giudizio.

I valori (falsi?) del Movimento

Beppe Grillo

Il Movimento 5 Stelle ha sempre professato il diritto della magistratura di accertare se un parlamentare, o un membro del Governo, siano innocenti in caso di contestata ipotesi di reato. Adesso però il movimento politico ufficialmente guidato da Luigi Di Maio è al Governo, e sembra che questo credo sia stato messo da parte. Il gioco di parole con il quale i colonnelli pentastellati tentano di difendere e differire la vicenda è quello del reato di corruzione che ben diverso è dal crimine contestato all’alleato Matteo Salvini che, insieme a tutto il Governo Conte ed in virtù del punto 13 del “Contratto di Governo” avrebbe agito per la tutela della Patria. Ma la paura del Movimento, i dubbi sul come venirne fuori in termini di consenso, già abbondantemente calato, inducono il vertice pentastellato a togliersi il fiammifero acceso di mano per passarlo alla “base” che dovrebbe decidere per loro conto senza però avere la giusta conoscenza del diritto che i membri della Giunta del Senato per le immunità e le autorizzazioni è tenuta ad avere.

Collegialità di Governo non autorizza a violare la legge

Lapidario è stato in questi giorni il commento dell’ex, e di breve durata, pentastellato comandante De Falco che ha puntualizzato come la collegialità della decisione – condivisa in memoria allegata a quella difensiva di Salvini da parte di Conte e dei Toninelli e Di Maio – non annulli l’eventuale reato. Ed il reato, nella difesa a firma del ministro incriminato Salvini che la Giunta esaminava mentre il leghista faceva campagna elettorale in Abruzzo, non viene motivato ai fini di una richiesta di rinvio a giudizio. Le ragioni di interesse nazionale non costringevano il Governo al sequestro di quelle persone e non negano tale sequestro di persona per il perseguimento di una coazione, cioè di un ricatto – morale – nei confronti di altri Stati membri dell’Ue. Neanche la paventata, solo in fase di difesa dal Tribunale dei ministri di Catania, ipotesi di possibile presenza a bordo di terroristi è plausibile per i giudici, non essendo stata motivata nei tempi e non essendo stata messa in atto alcuna azione per identificarli e metterli in sicurezza invece di lasciarli a bordo di una nave dello Stato italiano.

In Giunta un ex pentastellato tutto d’un pezzo

Gregorio De Falco

Il quesito al quale gli iscritti a Rousseau, dalle 10 alle 19 di oggi, dovranno rispondere per indicare ai pentastellati senatori come votare domani è, come di nuovo puntualizza l’espulso dal Movimento – per il rifiuto di votare a favore dell’incostituzionale del Decreto Sicurezza e Immigrazione – Gregorio De Falco, fuorviante ed ingannevole “poiché i naufraghi erano a bordo di una nave militare e dunque erano già in Italia”. Ai pentastellati iscritti a Rousseau viene chiesto, con un po’ di confusione tra il Sì ed il No, se sono d’accordo che il Governo ha agito nel modo contestato dal Tribunale dei ministri a Matteo Salvini “per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”. Quesito posto in termini probabilmente davvero ingannevoli, per citare ancora De Falco, visto che in realtà la Giunta è chiamata a decidere su tutt’altro tema. Ciò su cui la Giunta per le immunità è infatti chiamata a decidere è se il Tribunale dei ministri di Catania chiede di processare il ministro dell’Interno per ragioni di persecuzione politica o se è fondata l’ipotesi di reato commessa con l’aggravante dell’abuso d’ufficio nell’esercizio delle proprie funzioni. Ed il “preminente” interesse pubblico non è motivato nella memoria difensiva di Salvini, se non nei termini di un braccio di ferro con Malta e con altri Stati membri dell’Unione europea in cui venivano tenuti come ostaggio i naufraghi soccorsi dalla nave Diciotti.

Un quesito ingannevole per la base pentastellata

Nave Diciotti nel porto di Catania

Qui si rompe la correttezza tra il quesito posto alla Giunta del Senato e quello posto agli iscritti su Rousseau. I senatori dovranno infatti decidere se Sì, per autorizzare il Tribunale essendo immotivato il trattenimento forzato dei naufraghi a bordo della Diciotti e No se riconoscono che il Tribunale dei ministri stia perseguendo un ministro della Repubblica per mire politiche; mentre su Rousseau si chiede di votare Sì se si riconosce che è stato perseguito un interesse di Stato “preminente” – quindi indicando ai senatori di negare l’autorizzazione votando No domani in Giunta – e No se si intende non perseguito il suddetto interesse. In entrambi i casi, il Movimento 5 Stelle dimostra di aver dimenticato che se esiste il dubbio che un parlamentare o un ministro, come ha sempre asserito sin dalla sua costituzione, ha sbagliato deve difendersi in Tribunale e non deve invocare alcuna immunità. Soprattutto, come da credo professato sin dagli albori capitanati da Beppe Grillo, un Governo non può andare avanti se al suo interno ci sono ministri incriminati per una qualunque ipotesi di reato e questi ministri sono tenuti a dimettersi.

Analogie con l’ex ministro dell’Interno Angelino Alfano

In altri tempi, altri ministri, come ad esempio Angelino Alfano, avrebbero quindi potuto invocare “la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo” anche per il caso dell’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov. Espulsione illecita per la quale – notizia di novembre – ci sono stati pesanti rinvii a giudizio. Il 16 novembre dello scorso anno, il Secolo d’Italia, scriveva: “Il gip di Perugia ha rinviato a giudizio l’ex capo della squadra mobile di Roma Renato Cortese (attuale questore di Palermo) e l’ex responsabile dell’ufficio immigrazione Maurizio Improta per il rapimento di Alma Shalabayeva. Assieme a loro sono stati rinviati a giudizio anche il giudice di pace Stefania Lavore e quattro poliziotti coinvolti ad eccezione di Laura Scipioni prosciolta «perché il fatto non costituisce reato». Prosciolti anche i tre funzionari dell’ambasciata del Kazakistan per i quali è stata riconosciuta l’immunità diplomatica.”

Oggi muore il Movimento 5 Stelle, domani la sepoltura

Luigi Di Maio

Per il caso Shalabayeva i pentastellati avevano alzato un enorme polverone chiedendo, legittimamente, le dimissioni dell’allora ministro dell’Interno coinvolto anch’esso in una circostanza “di Stato”, legata ad interessi e miserabili favori resi ad un Paese straniero, per la quale non era però in discussione né un reato di corruzione né altro crimine legato a personali interessi. In questo caso, con l’attuale ministro dell’Interno ed alleato di Governo, il Movimento 5 Stelle chiede alla sua base di votare su Rousseau con un Sì, indicando in tal senso che viene riconosciuto il “preminente” interesse dell’Italia e quindi indicando ai senatori di votare domani in Giunta per il No, riconoscendo così il “preminente” interesse dell’Italia a discapito dei naufraghi sequestrati insieme all’equipaggio della nave della Guardia Costiera italiana rimasta bloccata nel porto di Catania cinque giorni di inutile missione operativa non potendo questa concludere l’evento SAR (Search and Rescue) fino allo sbarco dei soccorsi e gravando quindi inutili costi sulle casse dello Stato. Votando per l’autorizzazione richiesta da Tribunale dei ministri si invia il caso all’aula del Senato che deciderà, in voto collegiale, se autorizzare il rinvio a giudizio ma nel frattempo il Tribunale dei ministri di Catania dovrà valutare se accogliere quella sorta di “autodenuncia” firmata da Giuseppe Conte in qualità di capo del Governo e dei ministri Di Maio e Salvini e chiedere per i correi – o per tutto il Governo di cui il premier che si autoaccusa è portavoce – il rinvio a giudizio. Quindi la base pentastellata, su Rousseau, è chiamata a decidere se riconoscere che i propri eletti siano da processare, tutti, o se rimangiarsi tutto quello che hanno sempre sostenuto – o detto di sostenere – e votare per un riconoscimento della fatidica “preminente” che però non esclude né annulla il reato di sequestro di persona a fini di coazione e neanche l’abuso di potere di un ministro che a detta del Tribunale dei ministri ha violato la legge nell’esercizio delle proprie funzioni. In entrambi i casi, il Movimento 5 Stelle muore oggi e viene definitivamente seppellito domani con il conseguente voto in Giunta da parte dei suoi senatori.

Fumus persecutionis e preminenti inganni politici

Senato della Repubblica

“Nel caso invece venga data l’autorizzazione, il Ministro dell’interno andrà a processo”, ha scritto il M5S sul suo Blog delle Stelle. Ma non è così. Anche questo distorce la realtà mettendo pressione sulla scelta dei suoi iscritti che a questo punto dovranno decidere se andare in contro ad una crisi, o addirittura una caduta del Governo, esercitando una decisione politica. In realtà, se domani la Giunta accoglie la richiesta del Tribunale dei ministri, altro non fa che escludere il fumus persecutionis, cioè il sospetto di persecuzione politica da parte di un Tribunale nei confronti di un ministro della Repubblica. Escluso tale sospetto, in virtù di una valutazione tecnica che non può fare la base su Rousseau, la decisione sull’autorizzare il rinvio a giudizio verrà presa da tutti i 315 senatori della Repubblica italiana. Nel frattempo non cadrebbe certo il Governo con il rischio di uno scioglimento anticipato del Parlamento cui conseguirebbe la totale perdita di immunità del senatore Matteo Salvini, ministro dell’Interno. L’unica cosa certa, al momento, è che il quesito non doveva essere espresso nei termini che letteralmente si riportano di seguito e con cui il Movimento 5 Stelle intende lavarsi le mani in una pilatesca attribuzione di responsabilità alla propria base su Rousseau:

“Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?

– Sì, quindi si nega l’autorizzazione a procedere

– No, quindi si concede l’autorizzazione a procedere”

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