Rifiuti Lampedusa, un affare da 4 milioni e mezzo annuo

Ore di proteste davanti la discarica di Lampedusa con l’intenzione di occuparla fino a soluzione del caso. Momenti di tensione in Comune per la notizia di un esterno alle ditte che queste avrebbero contrattualizzato temporaneamente a Lampedusa. Domani manifestazione pacifica in Comune

di Mauro Seminara

Per gli operatori ecologici, già licenziati e con sei mesi di stipendi arretrati da riscuotere, sapere che la previsione di bilancio del Comune di Lampedusa e Linosa definisce una copertura finanziaria di 4 milioni e mezzo di euro – 58mila euro in più rispetto all’anno corrente – è motivo di ulteriore frustrazione. Un affare colossale, che vedrà, in previsione, una riduzione di circa 700mila euro annui solo dal 2020, nel quale pare non ci siano i margini di utile e copertura finanziaria perché le ditte possano retribuire i propri dipendenti con regolarità sancita dalla Costituzione italiana. Quella regolarità che la Carta costituzionale chiama “dignità” del lavoratore. Inoltre, i lavoratori sono attualmente senza lavoro. Gli operatori ecologici di Lampedusa e Linosa sono stati appunto licenziati a seguito della nota con cui il sindaco Totò Martello ha rescisso il rapporto con il raggruppamento Iseda-Sea-Seap. Nel frattempo è stato messo in esecuzione un avvio emergenziale, nelle more del nuovo contratto di appalto vinto dal Raggruppamento Temporaneo di Imprese Iseda s.r.l. (capogruppo) – SEA s.r.l. – Ecoin s.r.l. – Icos s.r.l. – SEAP s.r.l – Traina s.r.l., con cinque dipendenti delle ditte che componevano la precedente RTI inviati in trasferta pelagica da Agrigento.

Nel corso del limbo degli operatori ecologici isolani, licenziati, in attesa di concertazione, senza stipendi e senza garanzie per il futuro, a squarciare il cielo di Lampedusa è arrivata la notizia di un contratto temporaneo con cui le ditte avrebbero inquadrato un concittadino lampedusano estraneo alla professione di operatore ecologico ed alle ditte. Un passaparola che ha fatto dare in escandescenza alcuni lavoratori ed il delegato sindacale dell’USB, Giacomo Sferlazzo. Momenti di tensione in Comune, dove in assenza del primo cittadino si è posto quale interlocutore il vicesindaco. Lo stesso che aveva offerto le proprie dimissioni durante l’ultima protesta dei lavoratori al Centro di conferimento rifiuti comunale se i lavoratori non fossero stati riassunti già pochi giorni dopo. Scampato il culmine della tensione nel palazzetto municipale, alcuni lavoratori si sono recati al centro di conferimento rifiuti con l’intenzione di bloccare i lavori. Azione di protesta che di fatto ha impedito il turno pomeridiano dei colleghi “di terraferma” che, comunque, manifestano la propria solidarietà ai licenziati lampedusani. L’accesso alla discarica comunale si è liberato nel tardo pomeriggio, dopo ore di presidio pacifico e di scambi con il comandante della Polizia Municipale e della locale Stazione dei Carabinieri.

Domani mattina un gruppo di lavoratori aderenti alla sigla sindacale USB si presenterà in Comune per un sit-in pacifico che, stando alle intenzioni dichiarate oggi pomeriggio, si estenderà fino al giorno in cui il sindaco – fuori sede da giorni – non offrirà risposte e garanzie. E mentre i lavoratori attendono risposte, garanzie, ed anche il riscontro di oltre un milione di euro che la Regione Sicilia avrebbe dovuto anticipare dalla trasferenza Regione-Comune in modo che l’ente locale paghi delle fatture arretrate alle ditte con le quali è stato rescisso il rapporto ed infine queste ultime possano finalmente pagare degli stipendi arretrati, il segretario dell’Unione Sindacale di Base in Sicilia scrive l’ennesima lettera al prefetto di Agrigento Dario Caputo ed alle autorità competenti per comunicare che “i lavoratori disperati hanno deciso di occupare la discarica comunale, fino a quando non riceveranno quanto dovuto”. Lettera che Aldo Mucci ha inviato al prefetto prima di sapere, che al termine di ore di presidio, i lavoratori hanno poi deciso di non incorrere in denunce per reati penali e di spostare la propria protesta in altre forme e luoghi.

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