Libia nel caos, in 400 evadono dal carcere

Ambasciata italiana aperta ma con “flessibilità” sul numero del personale. Tripoli prossima a cadere e difesa solo da milizie pagate dall’Unione europea. Gli scontri hanno già ucciso 47 persone e ferite oltre cento. Italia, Francia, Regno Unito e USA condannano escalation in Libia. Aeroporto Tripoli sulla strada dell’assedio

In copertina: Una prigione libica (Prigione di Al-Jawiyyah, a Misurata) fotografata nel 2014 da Christopher Occhicone

Nella Libia che l’Italia vorrebbe partner affidabile nel contrasto ai flussi migratori, a cui affidare altre dodici motovedette di cui privare la Guardia di Finanza italiana e che rientra nello scenario della cinica lotta ad accaparrarsi vantaggi petroliferi che vede il Bel Paese e la cugina Francia in un braccio di ferro che va avanti dal 2011, è adesso di nuovo e letteralmente nel caos. Il bilancio ufficiale degli scontri è giunto a 47 vittime ed oltre cento feriti e il presidente del Governo di Unità Nazionale, Fayez al-Serraj, ha dichiarato lo stato d’emergenza mentre un assedio mette gravemente a rischio la capitale ed il quartiere dei palazzi di governo. L’illusione di una tregua è durata quanto il tempo di darne annuncio e le varie fazioni, composte ognuna da svariate milizie, dimostra quanto il Governo di Serraj sia un esecutivo di cartapesta senza forza e senza sostegno. Le brigate che in questo momento continuano a combattere per difendere Tripoli sono milizie mercenarie finanziate dall’Unione europea mentre quelle che la assediano sono in parte forze lealiste di Gheddafi che sembra non abbiano mai dimenticato l’esecuzione del loro leader per colonizzare la Libia e fermare l’avanzata del Dinaro africano e del conseguente mercato borsistico dell’Unione africana di cui il rais Muammar Gheddafi era presidente di turno.

Il caos che avvolge la Libia ha rotto anche gli argini delle prigioni e ieri si è registrata una fuga di massa di 400 detenuti. “I detenuti sono stati in grado di forzare l’apertura delle porte e andarsene”, ha detto la polizia in una dichiarazione raccolta ieri dal quotidiano locale Libyan Express. La prigione in cui è scoppiata la rivolta e da cui sono evasi i detenuti si trova alle porte della capitale. Preoccupazione anche per i centri di detenzione migranti che potrebbero rimanere in abbandono a seguito degli scontri che sempre più si avvicinano ai punti sensibili intorno a Tripoli. L’aeroporto della capitale è infatti sulla strada su cui si combatte e da cui le milizie ribelli stanno sferrando il loro attacco. Gli scontri tra le tre principali fazioni, quella del Governo voluto dalle Nazioni Unite con la testa di legno al-Serraj, quella di Tobruk e Bengasi dell’Esercito Nazionale Libico comandato dal generale Khalifa Haftar e quella di terza parte che viene costituita dall’alleanza tra alcune milizie ribelli del Ciad e quelle dei lealisti gheddafiani. Il Governo di Tripoli è in grave difficoltà per la propria difesa e difficilmente potrà proteggere “la regione del petrolio” che si trova nell’area est del Golfo della Sirte e che è risultato tra i primi obiettivi di milizie jihadiste che nel caos delle tre fazioni hanno tentato di avvantaggiarsi. A rischio anche l’Ambasciata italiana che tentava di mantenere con forza la propria presenza in un territorio da cui sono state evacuate tutte le altre ambasciate. L’ambasciatore italiano ha confermato l’apertura dell’Ambasciata italiana ma con “flessibilità” sulle presenze. L’Italia è presente in Libia, oltre che con l’ENI e con la propria Ambasciata, anche con una missione militare a Misurata.

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