La crisi dei 28, accordo e foto-video racconto del Consiglio europeo

Ottima prova diplomatica del premier italiano che è riuscito a mettere in difficoltà i partner europei su alcuni punti. Poco soddisfacenti i punti dell’accordo che riguardano crescita, economia e lavoro

La due giorni di vertice dei 28 ha visto uno scenario inedito per l’Italia, sotto molti punti di vista. Il premier Giuseppe Conte, come è possibile vedere nelle foto e nei video del Consiglio europeo, è parso per tutto il tempo a proprio agio tra i 28 colleghi. Anche quando è riusciti nell’intento di far perdere l’aplomb dei big europei Merkel e Macron. Sereno, rilassato e cordiale con tutti, sorrisi e strette di mano con tutti gli ospiti già personalmente conosciuti, come il commissario Donald Tusk, e durante la conversazione con Mario Draghi, deus ex machina della Banca Centrale Europea. Un atteggiamento che già di per sé metteva un po’ a disagio i rappresentanti del Consiglio europeo che si erano visti minacciare veti qualora la bozza di accordo circolata nei giorni precedenti fosse giunta al vertice conclusosi oggi. Di fatto, la bozza al Consiglio il piede ce lo aveva messo. Di fatto, come paventato, un veto è stato posto dall’Italia che Conte ha rappresentato e l’ordine dei lavori è stato così interrotto in favore di una agenda dettata dal premier italiano a cui anche Merkel e Macron si sono dovuti piegare. Che il Consiglio europeo partiva con una crepa e qualche capo di Governo armato di piede di porco era già evidente. Lo aveva inevitabilmente esplicitato la cancelliera tedesca prima di recarsi al Consiglio, con la sua tappa al Bundestag in cui ha tentato di ottenere sostegno in vista di decisioni che il vertice Ue avrebbe potuto imporre. Angela Merkel ha così spiegato al Parlamento federale tedesco che per salvare l’Unione europea era inevitabile assecondare chi è disposto in queste condizioni a farla saltare. La cancelliera ha quindi esposto l’idea di costituire un piccolo gruppo di “volenterosi” europei che supporti nelle difficoltà contingenti altri Stati membri anche se l’intera Unione non era d’accordo. Ad esempio nella ripartizione dei migranti che tentano l’approdo sulle coste sud europee di Italia, Grecia e Spagna.

 

Altra novità assoluta, ancor più sostanziale nel cambiamento vista la provenienza diretta dai Governi Renzi e Gentiloni, è stata la trasparenza tra i lavori a porte chiuse e le informazioni che dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi uscivano costantemente fuori. Dal silenzio sulle reali attività che si svolgevano tra i 28 alla telecronaca minuto per minuto resa ai giornalisti ne passa, ed anche parecchio. Un flusso così costante di notizie che all’interno della sala sono stati avvisati i leader al tavolo proprio per le preoccupanti anticipazioni alla stampa, reali ed in tempo reale, di quanto stava accadendo. Le imposizioni di Conte, le notizie che in tempo reale circolavano sulla stampa e le pretese che il premier italiano poneva sul testo dell’accordo, nell’insieme hanno fatto dare di matto i Paesi che ad oggi si consideravano capifila dell’Unione. Emmanuel Macron è stato l’ambasciatore del cedimento franco-tedesco. Il principe dell’Eliseo si è quindi avvicinato a Conte, quando il dialogo era apparentemente irrecuperabile, per comunicare le intenzioni dell’elite Ue di concedere quanto richiesto dall’Italia, magari con qualche smussatina.

Le conclusioni dell’accordo

Clicca sull’immagine per scaricare il testo dell’accordo Ue in italiano

Il documento che alla fine è stato prodotto non era quello proposto dalla maggioranza, con maggiore attenzione sul fronte migratorio e qualche vago impegno a sostenere maggiormente l’Italia, ma quello che parte proprio da “Migrazione” al punto uno e che su questo argomento si dilunga fino a lasciare a margine gli altri punti all’ordine del giorno del Consiglio. Punto uno del capitolo primo: Il Consiglio europeo ribadisce che il buon funzionamento della politica dell’UE presuppone un approccio globale alla migrazione che combini un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’UE, il rafforzamento dell’azione esterna e la dimensione interna, in linea con i nostri principi e valori. Al riguardo, hanno concordato e sottoscritto che il Consiglio europeo “è determinato a proseguire e rafforzare questa politica per evitare un ritorno ai flussi incontrollati del 2015 e contenere ulteriormente la migrazione illegale su tutte le rotte esistenti ed emergenti”. Testo e manifestazioni di interesse sono stati sottoposti all’approvazione del presidente del Consiglio italiano che ha assunto il ruolo di uomo da convincere invece che di vassallo da redarguire.

“Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, dovrebbero essere maggiormente intensificati gli sforzi – recita il testo dell’accordo – per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri paesi. L’UE resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea a tale riguardo. Accrescerà il suo sostegno a favore della regione del Sahel, della guardia costiera libica, delle comunità costiere e meridionali, di condizioni di accoglienza umane, di rimpatri umanitari volontari, della cooperazione con altri paesi di origine e di transito, nonché di reinsediamenti volontari. Tutte le navi operanti nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica.” Una rassicurazione, ed un impegno, che precede analogo impegno relativo ai flussi migratori del Mediterraneo orientale. L’accordo conferma la linea già intrapresa dal Governo PD di affidare interamente alla Libia la responsabilità di gestire i flussi migratori. Niente di nuovo da questo punto di vista, con uno schema già attuato nel Mediterraneo centrale e ad ovest con l’accordo con la Turchia. In entrambi i casi si è pensato di pagare un “caporale” che impedisca ai migranti di raggiungere la frontiera esterna europea.

La questione del Mediterraneo orientale è appunto confermata al punto quattro del capitolo primo: “Riguardo alla rotta del Mediterraneo orientale, sono necessari ulteriori sforzi per attuare pienamente la dichiarazione UE-Turchia, impedire nuovi attraversamenti dalla Turchia e fermare i flussi. L’accordo di riammissione UE-Turchia e gli accordi bilaterali di riammissione dovrebbero essere pienamente attuati in modo non discriminatorio nei confronti di tutti gli Stati membri”. Un’Unione che si pone pochi scrupoli quando deve “proteggersi” dai flussi migratori e che per questo è disposta a fare accordi economici con chiunque, sia esso Erdogan o una frazionata Libia in cui si spara ancora per il controllo del territorio. Preludio al nuovo approccio per la totale revisione del regolamento di Dublino, l’accordo prevede che quelli un venivano definiti “viaggi della speranza” vengano disincentivati: “Occorre a tal fine un nuovo approccio allo sbarco di chi viene salvato in operazioni di ricerca e soccorso, basato su azioni condivise o complementari tra gli Stati membri. Al riguardo, il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione a esaminare rapidamente il concetto di piattaforme di sbarco regionali, in stretta cooperazione con i paesi terzi interessati e con l’UNHCR e l’OIM”.

La riforma del Trattato di Dublino viene esplicitamente citata nel punto numero sei, dove però si propone che essa venga lasciata “impregiudicata”. La riforma della Dublino a Dublino invariata consisterebbe nel principio di trasferimento dei migranti a cui fornire protezione in altri Stati membri su base volontaria. Dovrebbe fungere da cavallo di Troia, anche se l’impegno in questi termini assunto dai 28 non garantisce granché. “Nel territorio dell’UE coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria; qui un trattamento rapido e sicuro consentirebbe, con il pieno sostegno dell’UE, di distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, dalle persone bisognose di protezione internazionale, cui si applicherebbe il principio di solidarietà. Tutte le misure nel contesto di questi centri sorvegliati, ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate su base volontaria, lasciando impregiudicata la riforma di Dublino.”

Tra l’accordo al trasferimento della seconda tranche alla Turchia, le politiche di partnership con l’Africa, la cooperazione tra l’Unione europea e l’Unione africana, flessibilità e rapidità di erogazione di fondi destinati a sicurezza interna, il potente rafforzamento di Frontex, si arriva al punto numero undici, che certo non appare un gran traguardo per l’Italia: “Per quanto concerne la situazione all’interno dell’UE, i movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri rischiano di compromettere l’integrità del sistema europeo comune di asilo e l’acquis di Schengen. Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti e cooperare strettamente tra di loro a tal fine.” Gli Stati membri pretenderanno rigoroso rispetto di questo specifico impegno, costringendo l’Italia ad una rigida osservanza del principio di respingimento dei migranti economici e del giusto trattamento dei profughi a cui fino ad oggi non è mai stato garantito nulla, spingendoli ad una seconda migrazione verso altri Paesi Ue nei quali però non aveva alcun diritto di rifugiato e venivano quindi riconosciuti allo stato quali semplici clandestini.

Sicurezza e Difesa

A pagina quattro arriva il succo vero dell’accordo che prevede investimenti in ambito militare. Investimenti ingenti ai quali non sembra in alcun modo obiettare il Governo Conte. Lo stesso però che nella sua componente pentastellata ha sempre osteggiato spese militari considerevoli come quelle per i nuovi cacciabombardieri multiruolo F35. “L’Europa deve assumersi maggiori responsabilità per la sua stessa sicurezza e rafforzare il proprio ruolo di attore e partner credibile e affidabile nel settore della sicurezza e della difesa. L’Unione sta pertanto predisponendo misure per potenziare la difesa europea, incrementando gli investimenti nel settore, lo sviluppo delle capacità e la prontezza operativa. Queste iniziative accrescono la sua autonomia strategica integrando e rafforzando, nel contempo, le attività della NATO, in linea con le conclusioni precedenti.” Tale attività percorre la strada, ineludibile, del rafforzamento dell’Unione europea dal punto di vista militare per sottrarre gli Stati membri al peso della Nato in favore di una forza militare Ue. Il tema è complesso e delicato al tempo stesso, e lo si evince anche da una delle richieste che il Consiglio europeo si impegna a mettere in atto: Il Consiglio europeo “chiede un ulteriore coordinamento tra gli Stati membri e, se del caso, a livello dell’UE e in consultazione con la NATO, al fine di ridurre la minaccia derivante da attività di intelligence ostili”.

Occupazione e crescita

Mario Draghi e Giuseppe Conte

Le ultime delle undici pagine di accordo sono dedicate a occupazione, crescita, competitività, innovazione e digitale. “Il Consiglio europeo approva le raccomandazioni specifiche per paese integrate discusse dal Consiglio, rendendo in tal modo possibile la conclusione del semestre europeo 2018. Si dovrebbe approfittare dell’attuale situazione economica positiva per imprimere un maggiore slancio alle riforme.” Tornano quindi in campo le riforme pretese dall’Unione europea, ma poco si parla di flessibilità sui conti per imprimere maggiore slancio all’economia dei singoli Stati membri in competizione gli uni con gli altri per disparità di potere d’acquisto della stessa valuta da un Paese all’altro. “Nell’ambito della sua agenda commerciale positiva, l’UE continuerà a negoziare accordi commerciali ambiziosi, equilibrati e reciprocamente vantaggiosi con i partner principali di tutto il mondo, promuovendo i propri valori e le proprie norme”, si impegnano a perseguire i leader del Consiglio, ma gli strumenti risultano comunque poveri ed iniqui tra gli Stati membri. Su innovazione e digitale si accenna appena a strumenti per l’accesso alle nuove tecnologie da parte delle imprese piccole e medie quale ricetta per una ricaduta occupazionale, ma nessun segno di volontà affinchè le industrie ancor prima delle piccole imprese paghino una “tassa di robotizzazione” del lavoro per quella automazione che i colossi economici mondiali stanno attuando devastando il mercato del lavoro.

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