Winner is… Kim Jong-Un!

di Mauro Seminara

Questa è un’altra storia di mistificazioni su scala mondiale, di menzogne finalizzate a far passare per male assoluto ciò che male non è e per buoni quanti minacciano la pace a suon di armi nucleari. Questa è un’altra storia sul mainstream che legittima aggressioni, invasioni e colonialismo nell’era della conoscenza.

di Mauro Seminara

Definito in tanti modi, tutti ovviamente dispregiativi. Dalla “mente malata” al “rocket man”, dal “bamboccione” (in mano ai suoi consiglieri militari fanatici della guerra) fino ad arrivare a “minaccia per la pace nel mondo”. Il flusso mediatico si era allineato alla politica americana nel dipingere Kim Jong Un come un mostro da combattere e, se fosse stato il caso, da uccidere sotto gli applausi scroscianti del mondo occidentale. Bisognava eliminare quindi quel pericolo per la pace mondiale e per la “democrazia” che continuava a testare missili nucleari senza alcun diritto. Al contrario dei detentori unici del diritto di possederne per fini pacifici, come gli Stati Uniti. Gli esportatori di pace e democrazia avevano infatti una gran bella base militare nella Corea del Sud, con annesso insediamento massiccio di truppe e un gran bel quantitativo di missili nucleari pronti per chiunque intendesse opporsi democraticamente alla democrazia americana. L’ulteriore potenziamento di questo impianto missilistico in Corea del Sud vedeva però un oppositore, cocciuto e non controllabile, nella Corea del Nord. Un oppositore ai “pacifici” piani nucleari a stelle e strisce nella penisola coreana che vantava il tacito appoggio di due superpotenze: Russia e Cina. La Corea del Nord è infatti un poverissimo protettorato cinese, frutto della guerra e confinante con la Russia. Le esercitazioni americane procedevano in modo continuo ed intenso nel sud della Corea, Paese alleato Usa, ed al largo della penisola coreana. Mancava solo la scintilla, la scusa per aggredire militarmente la Corea del Nord ed estendere così l’impianto bellico conficcandolo come una grossa e dolorosa spina nel fianco della Russia ed in modo ancora più massiccio a nordest della Cina. La scintilla sembrava ogni giorno di più proporla il leader della Corea del Nord, Kim Jong-Un. Il male assoluto. Rocket man. La mente malata. Colui che con i suoi test missilistici nucleari minacciava il mondo intero.

Quante cazzate sono state dette e scritte su quei test è difficile da quantificare. I missili nordcoreani, ad un certo punto, si disse che minacciavano perfino il cuore dell’Europa. Missili che avrebbero minacciato gli Stati Uniti. Missili che avrebbero colpito, un giorno o l’altro, l’alleato americano del Sol Levante, il Giappone. Una enorme coltre di fumo che offuscava la visione di un’unica minaccia e di un unico popolo minacciato: gli Stati Uniti minacciavano la Corea del Nord. E il giovane Kim Jong-Un, presa in mano la situazione del suo popolo dal padre, accelerò con il suo programma missilistico per raggiungere il più presto possibile quella unica condizione che avrebbe permesso alla Corea del Nord di uscire fuori dalla minaccia e annessa sottomissione economica messa in atto dai “buoni” sotto gli occhi chiusi delle inutili Nazioni Unite. I test furono completati, e gli Stati Uniti non poterono tentare il fatidico – e ricorrente concetto di – “attacco preventivo”. Non potevano per un solo motivo: Russia e Cina non lo avrebbero permesso. Inoltre, tanto vicina è la Corea del Nord alla Russia, tanto lo è la Russia con le sue difese alla Corea del Nord. Per quante flotte e missili e truppe gli Stati Uniti spostassero tutto intorno a Pyongyang, sempre in condizione di inferiorità si sarebbero trovati. Poi, un giorno, a programma missilistico completato, venne l’ora di sedersi al tavolo e discutere. Il giovane Kim Jong-Un “convocò” in udienza gli Stati Uniti e la Corea del Sud. Forse non sapremo mai cosa si dissero Pyongyang e Washington. O meglio, cosa Kim Jong-Un disse all’ambasciatore della Casa Bianca Michael Richard Pompeo, detto Mike. Sta di fatto che da quell’incontro, tenuto fino all’ultimo in gran segreto per data e luogo, gli Stati Uniti abbassarono la cresta. Sta di fatto che dopo quell’incontro si è mosso tutto l’apparato diplomatico che portò all’evento che a pieno titolo entrerà nei libri di storia delle future generazioni.

Kim Jong-Un ha simbolicamente attraversato il confine mettendo così piede nella Corea del Sud. Già questo è un evento storico. Poi Moon Jae-In, il leader sudcoreano, ha varcato il confine scrivendo la seconda parte dello stesso storico evento. Un momento emozionante che avrebbe dovuto commuovere il mondo intero, se non fosse che il mondo proveniva da quell’immondo pregiudizio costruito ad arte nei confronti di Kim Jong-Un. Emozione che a stento riusciva a trattenere lo stesso leader nordcoreano, in quel momento autore e protagonista della svolta storica che ridisegnerà la geopolitica dell’estremo oriente. Kim Jong-Un e Moon Jae-In, come tutti i giornali del mondo hanno dovuto raccontare ieri, hanno ufficializzato un accordo di pace tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Un accordo che prevede un trattato da ratificare entro la fine di quest’anno e, soprattutto, con annesso disarmo nucleare. Kim Jong-Un quindi, appena posseduta l’arma di distruzione assoluta la vuole dismettere. Stolto è chi ancora oggi crede che il giovane leader nordcoreano sia scemo. Adesso che la Corea del Nord possiede i missili nucleari a lunga gittata, anch’essa può minacciare chi la minaccia. Quindi si gioca ad armi pari. Armi pari. L’unico presupposto per un tavolo di pace. La dismissione delle armi nucleari, cari lettori, significa che Pyongyang dismetterà i propri missili e che Seul dismetterà i missili americani che ha in casa. Quindi il signor “minaccia per la pace nel mondo” ha raggiunto un accordo di pace che riguarda l’intero est asiatico e parte dell’Oceano Pacifico. Gli Stati Uniti saranno quindi costretti ad arretrare. A ritirarsi dalla Corea del Sud. Pace raggiunta, dovranno quindi anche chiuder il programma di sanzioni ed embargo contro la Corea del Nord. La poverissima Corea del Nord intanto potrà riaprire canali commerciali con la ricchissima Corea del Sud a cui potrebbe anche offrire competitiva manodopera. E Kim Jong-Un verrà ricordato da quelle parti per i secoli avvenire come un eroe. L’unico colpo di scena, a rompere questo idillio, potrebbe riguardare il presidente sudcoreano, Moon Jae-In. Come chi l’ha preceduto, questi potrebbe essere adesso travolto da un qualche scandalo o accusa ed essere messo da parte. Era già accaduto con Park Geun-hye, contraria all’intensificarsi dell’insediamento americano in Corea del Sud. Park Geun-hye era stata succeduta da Hwang Kyo-ahn, presidente fantoccio durato in carica solo un anno. Giusto il tempo di armare tutta la baracca ed avvicinare la minaccia alla Corea del Nord con massicce esercitazioni militari congiunte Seul-Washington insieme ad un programma di “svecchiamento” dei missili americani presenti in territorio sudcoreano. Infine, il 10 maggio dello scorso anno, è stato eletto il democratico, e figlio di nordcoreani emigrati, Moon Jae-In.

Triste nota a margine riguarda la possibilità di raccontare e spiegare quanto accade intorno a noi senza subire per questo ignobile censura. Se gli Stati Uniti stanno subendo sconfitte ovunque, è probabilmente merito della rete. Del web, con i suoi confini mondiali abbattuti ed i suoi social sui quali adesso si vuole dare un serio giro di vite. Si stanno infatti restringendo le cerchie sui social, così che nessuno possa essere “contaminato” con idee ed informazioni esterne o da cerchie allargate. Per raggiungere questo obiettivo, e restituire così il popolo alla sola voce del mainstream, si stanno utilizzando tutti i più meschini strumenti. Azioni di cui vi parleremo nei prossimi giorni e per le quali vi inviteremo anche ad una sorta di “resistenza” virtuale. Non è un problema di poco conto, o da poter sottovalutare. Piuttosto, è un fenomeno di una gravità inaudita per il quale rischiate davvero di perdervi parte della storia in una vita, la vostra, che state rischiando di vivere senza averne il totale controllo. Per sottrarvi il controllo è sufficiente privarvi degli spunti di riflessione e delle informazioni necessarie a che voi possiate produrre la vostra idea, la vostra opinione. Come nel caso dell’avvelenamento della spia russa in Inghilterra, di cui non sentite più parlare. Come nel caso delle armi chimiche che Assad avrebbe usato a Douma, di cui non sentite più parlare. Come nel caso della credibilità delle immagini prodotte dai Caschi Bianchi in Siria e diffuse dal mainstream come verità assoluta, di cui non sentite più parlare. Su questi argomenti potrete leggere la prossima settimana su Mediterraneo Cronaca un ampio e dettagliato approfondimento. Solo che, probabilmente, dovrete venirvelo a cercare sul sito. Perché se attendete di vederlo scorrendo il vostro social, anche se avete messo “Mi piace” alla pagina, rischiate di non vederlo mai. Perché? Perché i buoni non sono quelli che tali si definiscono e perché dirlo è peccato. Provate a digitare su un motore di ricerca “shadow banning” e capirete.

Informazioni su Mauro Seminara 705 Articoli
Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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