UE e USA dichiarano guerra diplomatica alla Russia: scenari imprevedibili

Ancora non sono state fornite prove accusatorie per la difesa ma la sentenza è stata già pronunciata e l’asse “euro-atlantico” espelle 74 diplomatici russi cui si aggiungono i 23 già espulsi dal Regno Unito

di Mauro Seminara

Anche l’Italia segue l’onda anti-Russia con la decisione di espellere dal territorio italiano due funzionari dell’Ambasciata della Federazione Russa a Roma. Lo ha comunicato il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione. “A seguito delle conclusioni adottate dal Consiglio Europeo – recita la nota della Farnesina – del 22 e 23 marzo scorso, in segno di solidarietà con il Regno Unito e in coordinamento con partner europei e alleati NATO, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha notificato oggi la decisione di espellere dal territorio italiano entro una settimana due funzionari dell’Ambasciata della Federazione Russa a Roma accreditati in lista diplomatica”. Il Ministero italiano è ancora retto da Angelino Alfano, membro del dimissionario Consiglio dei ministri. Un Consiglio dei ministri che dovrebbe occuparsi soltanto di ordinaria amministrazione in attesa della formazione di un nuovo Governo. Ma le decisioni che il Governo Gentiloni, comunicate dal ministro Alfano, stanno attuando sembrano andare ben oltre l’ordinaria amministrazione e incidono nei rapporti internazionali con un Paese che da sempre è partner strategico dell’Italia. Una decisione che, tra l’altro, sembrerebbe essere stata presa in altra sede e non in quella della capitale italiana. L’espulsione dei diplomatici russi interessa infatti già 14 dei 28 Stati membri dell’Unione europea. Sul piano Ue, la diffusione delle decisioni di espulsione è stata comunicata in conferenza stampa dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Ai 14 diplomatici russi espulsi dall’Unione europea si aggiungono i 60 che il presidente Donald Trump ha annunciato verranno espulsi dagli Stati Uniti. Una guerra diplomatica alla Russia che sembra voler recidere drasticamente i rapporti del Cremlino con il resto del mondo occidentale.

Angelino Alfano con Heiko Maas
“Ho avuto un colloquio molto cordiale e fruttuoso con il collega tedesco che, a conferma dello strettissimo rapporto esistente tra Italia e Germania, ha voluto includere Roma tra le primissime visite all’estero del suo mandato. I due Paesi hanno eccellenti relazioni bilaterali, come dimostra anche un interscambio commerciale che vale oltre 120 miliardi di euro, e una stretta collaborazione in ambito europeo e internazionale. Abbiamo discusso di Unione europea, questioni migratorie e dei principali dossier internazionali, tra cui la situazione in Siria, Turchia e Ucraina, cui l’Italia guarda con particolare attenzione anche in virtù delle responsabilità legate alla Presidenza dell’OSCE”. Così il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, al termine dell’incontro avuto alla Farnesina venerdì 23 marzo con il suo omologo tedesco Heiko Maas. Un fermento di incontri europei che coincide con le “conclusioni adottate dal Consiglio Europeo del 22 e 23 marzo”. La decisione – forte ed anche probabilmente fuori misura – del Consiglio europeo, che in questa sede decide di comportarsi come direttivo di uno Stato e non di una confederazione di Stati che ha un proprio Parlamento, è conseguente all’avvelenamento della ex spia russa Skipral avvenuta in Gran Bretagna il 4 marzo. Una circostanza che subito è apparsa quel preoccupante accusa con presunzione di colpevolezza. Pochi giorni dopo, la prima ministra Theresa May ha dichiarato che è “molto probabile” la responsabilità della Russia per il tentato assassinio di Sergei Skripal. Lo ha fatto con un duro, agguerrito, discorso davanti al Parlamento britannico, pur parlando di probabilità. Inoltre, nella stessa circostanza, Theresa May ha dato un ultimatum alla Russia concedendo tempo fino alla mezzanotte dello stesso giorno in cui è intervenuta al Parlamento britannico per dimostrare l’estraneità ai fatti. Altrimenti, ha intimato la premier britannica, “concluderemo che si sia trattato di un uso illegale della forza contro il Regno Unito” da parte della Russia.

Colin Powell al Consiglio di sicurezza dell’ONU del 5 febbraio 2003 con la famosa fiala che accusava l’Iraq di detenere armi di distruzione di massa poi rivelatasi una notizia falsa al termine della guerra e dell’esecuzione di Saddam Ussein. © Ray Stubblebine / Reuters
Secondo Robert Bridge, scrittore e giornalista americano ed autore del libro “Midnight in the American Empire”, “la tendenza della società occidentale, sempre più inquietante, è quella in cui viene negata la ‘presunzione di innocenza’ consacrata dal tempo”. Sempre Bridge asserisce che, completando la riflessione, che “lo stesso metodo non democratico viene persino usato contro le nazioni in quello che sta diventando un gioco pericoloso”. La risposta russa, immediata alle accuse del Regno Unito, era stata infatti in linea con il principio di presunzione di innocenza ed il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov aveva preteso le prove dell’accusa. Prove che il Regno Unito non aveva provveduto a fornire continuando però a tenere il dito puntato contro Mosca. Londra aveva espulso 23 diplomatici russi e la risposta russa al grave attacco rivolto da Londra ed alla espulsione dei propri diplomatici dal Regno Unito era stata l’espulsione di altrettanti diplomatici inglesi dal territorio russo. Lavrov aveva anche accusato la stampa occidentale di “rozza propaganda” ai danni della Russia, mentre in Europa si consolidava una asse internazionale con Germania e Francia allineati agli Stati Uniti d’America in sostegno della campagna condotta dalla Gran Bretagna.

“Da quel che vedo non ci sono indagini”, ha dichiarato l’ex deputato britannico George Galloway raggiunto da Russia Today. “Il verdetto è stato dichiarato prima che iniziassero le indagini – aggiunge Galloway – e penso che non ci siano indagini perché i risultati di una seria indagine analitica scientifica dimostrerebbero che le accuse contro la Russia sono infondate”. Per lo scrittore ed ex deputato britannico, inoltre, la decisione americana di espellere 60 diplomatici russi equivale ad una “dichiarazione di guerra”. Di mancanza di buonsenso ha parlato in Italia Matteo Salvini, candidato ad un prossimo mandato esplorativo per la formazione del nuovo Governo italiano. Secondo il segretario della Lega e leader della coalizione di centrodestra “così si aggravano i problemi”. Idea affatto infondata, stando alla dichiarazione odierna del ministero russo diretto da Sergey Lavrov: “La parte russa, nonostante le nostre ripetute richieste a Londra, non ha informazioni sul caso. Non ci sono dati oggettivi ed esaustivi a disposizione degli alleati britannici, che seguono ciecamente i principi dell’unità euro-atlantica danneggiando il buon senso, i principi del dialogo civile tra gli Stati e il Diritto internazionale. Naturalmente, una tale mossa ostile da parte di questo gruppo di Paesi non rimarrà senza risposta”. L’elenco delle “adesioni” al volere euro-atlantico fin qui prevede che Germania, Francia e Polonia espelleranno quattro diplomatici russi ciascuno; Lituania e Repubblica Ceca ne espelleranno tre ciascuno; Paesi Bassi, Danimarca, Italia e Spagna partecipano con due espulsioni per Paese; partecipano con moderazione anche Finlandia, Svezia, Romania e Croazia espellendo un diplomatico russo per ciascun Paese.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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