Zouhair Yahyaoui, 13 marzo 2005

La sua webzine, "Tunezine", il cui nome è un gioco di parole che usava quello del presidente tunisino, ha attirato partecipanti provenienti da tutto lo spettro politico ed è diventata uno spazio in cui dibattere di questioni femminili, diritti umani, problemi economici, libertà di espressione e religione

In copertina: Zouhair Yahyaoui, giornalista tunisino morto il 13 marzo 2015

Siamo a Ben Arous, una città costiera della Tunisia nord-orientale. Sono circa le 19:00 del 4 giugno 2002. La porta del cybercafè si apre. Entrano sei uomini. Si dirigono verso Zouhair, il titolare del locale, che sta lavorando sul suo computer. Si tratta di poliziotti in borghese. Zouhair viene arrestato. Detenzione, processo e sentenza emessa in poco più di un mese. La Quarta sezione della Corte d’Appello di Tunisi lo condanna a due anni di reclusione per “aver diffuso notizie false mirate a far credere alla gente che c’era in essere un attacco contro le persone e le proprietà (…)” e, inoltre, per “furto” con l’uso fraudolento dei mezzi di comunicazione. La sentenza, basata su prove inconsistenti e facendo cardine più sul negazionismo che non sulla libertà di stampa, viene aspramente criticata. In breve tempo Zouhair Yahyaoui diventa il simbolo della difficoltà del giornalismo in Tunisia e delle evidenti limitazioni alla libertà di stampa.

Zouhair Yahyaoui era nato l’8 dicembre 1967. È stato il primo cyber-dissidente a essere perseguito e condannato in Tunisia. Dopo gli studi ad indirizzo economico, raggiunge il successo attraverso i suoi scritti al vetriolo, firmati con lo pseudonimo Ettounsi – che in arabo significa il tunisino – sul suo giornale online Tunezine. Zouhair Yahyaoui scrive spesso in dialetto, denunciando la censura e il non rispetto dei diritti umani del regime di Zine el-Abidine Ben Ali. La webzine, il cui nome è un gioco di parole che usa quello del presidente, ha attirato partecipanti provenienti da tutto lo spettro politico ed è diventata, in breve, uno spazio in cui dibattere di questioni femminili, diritti umani, problemi economici, libertà di espressione e religione. Il sito è stato spesso vittima della censura tunisina che ne ha bloccato più volte l’accesso allo stesso Yahyaoui. Tramite una lettera aperta al giudice Mokhtar Yahyaoui, suo zio, Yahyaoui si rivolge al presidente per denunciare la mancanza d’indipendenza della magistratura.

Dopo la sentenza, Zouhair ha trascorso un anno e mezzo nella prigione di Borj El Amri dove ha subito torture e umiliazioni. Per tre volte ha fatto lo sciopero della fame per protestare contro la sua ingiusta detenzione. In quel periodo gli fu negato tutto, dalla posta privata alla lettura, dai pacchi di viveri fino al suo diario. Diversi gruppi di attivisti per i diritti umani, tra questi Reporters Without Borders, hanno contribuito a richiamare l’attenzione sul suo caso. Zouhair Yahyaoui è stato rilasciato, grazie alla pressione internazionale, il 18 novembre 2003. È stato insignito il 19 giugno 2003 con il primo International Press Freedom Award – Globenet, ed è morto all’età di 37 anni per un infarto il 13 marzo 2005 all’ospedale Habib-Thameur di Tunisi. Indebolito dagli scioperi della fame, dalla tortura e dalle cattive cure, il suo cuore non gliel’ha fatta. Il 13 marzo 2012, un anno dopo la morte del presidente Ben Ali, il nuovo presidente Moncef Marzouki ha reso omaggio a Yahyaoui visitando la sua tomba assieme alla sua famiglia. In quell’occasione, Moncef Marzouki consegnò alla madre le insegne del Grande Ufficiale dell’Ordine della Repubblica, riconoscimento postumo per il figlio Yahyaoui. Nel 2013, il presidente Moncef Marzouki inaugura un centro giovanile, a Ghomrassen, a lui intitolato. Il 13 marzo 2017, in occasione della Giornata Nazionale per la libertà di Internet, la Posta tunisina emette un francobollo con la sua immagine, facendo di lui la 65° personalità tunisina rappresentata su un francobollo.

L’anniversario della sua morte è dichiarato National Freedom Day.

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