X

Strage di Bologna, più di 50 testimoni convocati per il processo all’ex NAR Cavallini

In copertina: Stazione ferroviaria di Bologna colpita dall'attentato terrorista del 2 agosto 1980

Potrebbero essere più di 50, oltre all’imputato, ai feriti e ai familiari delle vittime, le persone chiamate a testimoniare nel processo, che inizierà a Bologna il 21 marzo, a carico dell’ex NAR Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage alla stazione ferroviaria del 2 agosto 1980. E tra queste non ci sono solo Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati come esecutori della strage, e il terrorista internazionale Ilich Ramirez Sanchez (meglio noto come ‘Carlos‘ o ‘Carlos lo sciacallo’), ma anche il leader di Forza nuova Roberto Fiore, l’ex comandante del ROS dei Carabinieri ed ex direttore del Sisde Mario Mori, l’ex parlamentare Carlo Giovanardi e l’ex consigliere di Yasser Arafat ed ex portavoce del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Bassam Abu Sharif. I loro nomi sono presenti nelle liste depositate dalla Procura di Bologna, dagli avvocati di parte civile Andrea Speranzoni, Roberto Nasci, Nicola Brigida e Giuseppe Giampaolo e dai difensori di Cavallini, Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini.

A chiedere le testimonianze di Fiore e Mori sono i legali di parte civile: il primo, all’epoca leader del gruppo di estrema destra “Terza posizione”, legato ai NAR, dovrebbe parlare non solo dei suoi rapporti con Mambro, Fioravanti, Ciavardini, Cavallini e altri estremisti di destra, ma soprattutto sulla sua presenza, nel luglio del 1980, a casa del dirigente siciliano di Terza posizione Francesco Mangiameli, ucciso da Mambro e Fioravanti il 9 settembre dello stesso anno, e sulla sua conoscenza, avvenuta sempre nel luglio ’80, del colonnello del Sisde Amos Spiazzi, di cui Mangiameli era un informatore. Fiore, secondo la sentenza della Cassazione sulla strage, sarebbe fuggito in Inghilterra proprio per non finire come Mangiameli. Fiore dovrebbe poi testimoniare sulla sua presenza a Castelfranco Veneto, in casa della sua compagna, il 4 o il 5 agosto 1980, quando anche Ciavardini si trovava lì, dell’ospitalità concessa a Roma allo stesso Ciavardini nell’agosto ’80 (quando Ciavardini era latitante) e sul brusco e improvviso peggioramento dei loro rapporti nel settembre di quell’anno.

Mori, che tra il 1983 e il 1986 comandava la Sezione Anticrimine di Bologna, dovrebbe invece parlare delle indagini svolte sulla strage, con particolare riferimento agli elementi raccolti su Cavallini, e lo stesso dovrebbe fare Alfredo Lazzerini, all’epoca direttore dell’Ucigos (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali) della Polizia. La lista dei testimoni delle parti civili comprende anche tutte le persone citate anche dalla Procura, tra cui ci sono, oltre a Mambro, Fioravanti e Ciavardini (citati anche dalla difesa), Flavia Sbrojavacca, compagna di Cavallini, Elena Venditti, ex fidanzata di Ciavardini, Cecilia Loreti, amica del gruppo, e i periti che fecero le analisi sull’esplosivo usato per l’attentato, che fece 85 morti e 200 feriti. Tra i vari esponenti dell’eversione nera che i legali di parte civile vorrebbero portare a testimoniare ci sono anche il collaboratore di giustizia Walter Sordi (chiamato in causa anche dalla Procura) e il leader di Ordine nuovo Carlo Maria Maggi, condannato in via definitiva come mandante della strage di piazza della Loggia a Brescia e che a Bologna dovrebbe testimoniare, tra le altre cose, su ciò che sa riguardo a traffici di armi, detonatori ed esplosivi tra componenti di “Ordine Nuovo” ed esponenti dei NAR.

Tra i 21 testimoni citati dalla difesa spiccano, invece, “Carlos”, attualmente in carcere a Parigi e già sentito dal Pm Enrico Cieri nell’ambito dell’inchiesta bis sulla strage, e Abu Sharif, che dovrebbe parlare del cosiddetto “Lodo Moro”, vale a dire l’accordo siglato negli anni ’70 che permetteva ai combattenti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina di far passare armi ed esplosivi in Italia, a patto di non commettere attentati sul territorio italiano. Nella lista della difesa anche Carlo Giovanardi, ex componente della commissione parlamentare sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, che dovrebbe essere sentito sull’esistenza di atti secretati di interesse diretto rispetto alla prova dei fatti di cui si parlerà nel processo e su quanto emerso in commissione riguardo la strage del 2 agosto, il “Lodo Moro” e in generale i fatti dell’estate 1980. Del “Lodo Moro” dovrebbe parlare anche un altro potenziale teste della difesa, l’ex consulente delle commissioni Stragi e Mitrokhin, Gian Paolo Pelizzaro.

Si tratta di testimonianze che dovrebbero servire, con tutta probabilità, a rilanciare la cosiddetta “pista palestinese”, alternativa a quella neofascista sulla strage del 2 agosto, con l’obiettivo di scagionare Cavallini. Infine, Pellegrini e Bordoni vorrebbero far testimoniare anche Stefano Sparti, Maria Teresa Venanzi e Luciana Torchia, rispettivamente figlio, moglie e conoscente di Massimo Sparti, il pregiudicato neofascista che con la sua testimonianza ‘inchiodò’ Mambro e Fioravanti, e che secondo loro avrebbe invece mentito. Su questo fronte, e in particolare sullo scambio di cartelle cliniche che avrebbe permesso a Sparti di uscire di prigione simulando un tumore, dovrebbe testimoniare anche Francesco Ceraudo, ex direttore sanitario del carcere di Pisa.

Anche la Procura intende dire la sua sul versante Sparti, e chiede di acquisire una serie di dichiarazioni del testimone, morto nel 2002, per integrare la propria lista. Tra le altre dichiarazioni che il procuratore capo Giuseppe Amato e i sostituti Enrico Cieri, Antonello Gustapane e Antonella Scandellari vorrebbero portare in aula ci sono quelle rilasciate, nel corso degli anni, da Maria Teresa Brunelli, madre di Flavia Sbrojavacca morta nel 2017, dei neofascisti Sergio Calore (morto nel 2010), Luigi Vettore Presilio (morto nel 2011) e Marco Pizzarri (morto nel 1981) e del legale di Presilio, Franco Tosello, deceduto nel 2013, che il 27 agosto 1980 parlò al Pm bolognese Claudio Nunziata delle dichiarazioni rese in carcere dal suo assistito nel luglio 1980, che preannunciavano l’attentato. Infine, la Procura chiede di acquisire le dichiarazioni dell’armiere di Ordine Nuovo Carlo Digilio, morto nel 2005, sui suoi rapporti con Cavallini e Fioravanti in materia di armi quando presiedeva il poligono di tiro di Venezia.

Nel processo riemergerà infatti, con tutta probabilità, una questione sollevata da Speranzoni, che durante l’udienza preliminare a carico di Cavallini ha portato, a riprova dei legami tra i NAR e Ordine Nuovo, anche un biglietto, indirizzato da Carlo Maria Maggi all’altro ordinovista Claudio Bressan, in cui si parla di detonatori e armi da dare agli amici di G.C. (che secondo l’avvocato sarebbe, ovviamente, Gilberto Cavallini). Il biglietto era emerso in un processo tenutosi negli anni ’80, e conclusosi con condanne per reati in materia di armi e per ricostituzione del Partito fascista, sul rinvenimento di armi proprio al poligono di tiro di Venezia, presieduto da Digilio.

Andrea Mari – Agenzia DIRE
www.dire.it

Redazione:
Related Post