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Keith Emerson, Odeon e altri ricordi

In copertina: Keith Emerson durante un concerto

È l’8 dicembre 1976. Mi trovo nella piccola cucina della casa in cui vivo con i miei genitori. Il giorno dopo sarebbe stato un giovedì e, le prime due ore di lezione, avrei avuto italiano. Mi stavo preparando per un’annunciata e concordata interrogazione. I miei genitori erano nel soggiorno con la televisione accesa. La musica della sigla di coda del telegiornale mi raggiunse mentre Manzoni cercava di convincermi della metrica dei suoi lavori. Ma qualcosa fece alzare i miei occhi dal libro. La musica che sentivo arrivare dal salotto non era quella tipica dei film che vedevano i miei genitori e nemmeno delle produzioni Rai di quel periodo. Si trattava di Big Shoot, un brano di Simon Park contenuto nell’album Changing Patterns, un disco destinato alle sonorizzazioni di audiovisivi. Ne avevamo utilizzato una piccola parte, assieme ad altre, qualche mese prima, per realizzare la colonna sonora di un cortometraggio.

Il logo del programma Odeon, in onda su Rai 2 dal 1976 al 1978

Chiusi il libro e mi affacciai nel soggiorno. Sullo schermo, in rapida successione, foto d’epoca, simboli grafici, lettere enormi, stelle e striscie. Si trattava della prima puntata di Odeon. Tutto quanto fa spettacolo. Creato dai giornalisti Brando Giordani ed Emilio Ravel, trovò spazio, all’inizio, all’interno del Tg2. Dall’8 dicembre 1976 trovò la sua collocazione, sempre sulla Rete 2, alle 20:45. Rimasi in piedi, appoggiato allo stipite della porta del soggiorno per quarantacinque minuti. Davanti ai miei occhi una giovanissima Laura D’Angelo e poi una serie di servizi brevi, veloci, con un taglio che non assomigliava minimamente a quelli, tradizionali, dell’emittente di Stato. Scorrevano le immagini del Crazy Horse, si parlava di musica, di cultura. Ma la sorpresa più grande fu quando terminò il programma. La riconobbi dalle prime cinque note, si trattava di un brano di Maede Lux Lewis, Honky Tonk Train Blues. Era suonata da uno dei maestri contemporanei del pianoforte rock. Si trattava di Keith Emerson, eclettico musicista e virtuoso tastierista degli Emerson Lake & Palmer. Gli EL&P avevano al loro attivo già quattro grandi album. Dopo quello d’esordio del 1970, dal titolo Emerson Lake & Palmer, produssero Tarkus e il live Picture at an Exhibition nel 1971, Trilogy nel 1972 e Brain Salad Surgery nel 1973. Nel 1974 avevano pubblicato un poderoso live dal titolo altrettanto poderoso, Welcome Back, My Friends, to the Show That Never Ends – Ladies and Gentlemen Emerson, Lake & Palmer, e il nuovo album si faceva attendere.

La copertina del 45 giri Honky Tonk Train Blues interpretata da Keith Emerson

L’anno prima, Emerson, era entrato in studio e aveva inciso una sua personale cover del brano di Lux Lewis. Si trattava di un classico boogie-woogie per pianoforte scritto verso la fine degli anni ’20. Le dita di Emerson volavano sulla tastiera del pianoforte e incarnavano l’anima black della canzone. Gli autori della Rai l’avevano scelto come brano per i titoli di coda del programma. Ancora grafica pop sullo schermo, opera del brillante Piero Gratton, grafico dell’allora Tg2. Tornai a Manzoni e mi riproposi di cercare il disco di Emerson.

Nella notte tra il 10 e l’11 marzo 2016, nella sua casa a Santa Monica, in California, moriva Keith Emerson. Aveva 71 anni. Tastierista, pianista e compositore britannico, a lui si deve l’uso innovatico dell’organo Hammond e, in particolare, dei primi sintetizzatori Moog. Il suo nome è stato inserito nella Hammond Organ hall of Fame, assieme ad altri virtuosi dello strumento. Attratto, sin da bambino, delle musiche suonate dalle Big Band americane e dalla musica di Bach, Prokofiev, Bruke e Art Tatum, la sua prima band, i T-Bones, ebbe un discreto successo. Suonò con i Nice sino alla formazione degli Emerson Lake & Palmer con la quale ha suonato fino al 2010. Diversi i suoi progetti come solista.

Roberto Greco:
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