Tunisia a tutto schermo: cinema, memoria e tradizione a Palermo

Primo film della trilogia del deserto realizzato nel 1984, recentemente restaurato dalla Cinematek Belga e presentato alla 74esima edizione della Mostra del cinema nella sezione Venezia Classici, “Les baliseurs du désert” di Nacer Khémir racconta una storia senza tempo. Mohamed Challouf: “Collaborerò con Tarek Ben Abdallah, direttore della fotografia tunisino, allievo di Giuseppe Rotunno, che vive e lavora in Italia da diversi anni”

Tocca a Nacer Khémir con il suo “Les baliseurs du désert” chiudere la rassegna “Viaggio in Italia con il cinema Tunisino”, partita il 25 gennaio da Milano e che, attraverso le tappe di Roma, Perugia e Pordenone è approdata a Palermo il 3 e 4 febbraio. Khémir chiude il viaggio della rassegna attraverso l’Italia presentando un film che, nonostante sia stato realizzato più di trent’anni fa, sembra che parli del nostro presente.
“Ho scelto di fare un cinema che provasse a tradurre la problematica di fondo di quel mondo arabo, ovvero la lotta di generazioni di politici, poeti e sindacalisti che hanno provato a cambiare le cose, a divenire altro dalla modernità all’interno del mondo arabo, e che purtroppo hanno fallito – dichiara Khémir – ed è un po’ l’immagine di questi viandanti, i baliseurs, che non sono i migranti dei nostri tempi ma qualcosa di diverso”.
Oggi, il cinema tunisino, ha iniziato ad occuparsi anche del fenomeno migratorio, come dimostra il pluripremiato “The last of Us” di Ala Eddine Slim. Le due giornate di proiezioni, organizzate dall’Associazione Culturale “SudTitles” di Palermo, hanno presentato, nella prima giornata “Kif Kif, Siciliani di Tunisia” di Enrico Montalbano e Laura Verduci, un significativo lavoro sulla memoria del momento storico in cui la Tunisia era “porto sicuro” per gli italiani.


“Kif Kif, Siciliani di Tunisia”, di Enrico Moltalbano – Official video

Argomento trattato anche dall’altro lavoro di Montalbano proposto alla rassegna, “Marinette torna a casa” e da “Italiani dell’Altra Riva” di Mahmoud Ben Mahmoud, tutti presentati come apertura della tappa palermitana. Il pubblico ha anche avuto la possibilità di scoprire un piccolo capolavoro dimenticato, quel “Goha” di Jacques Baratier con Omar Sharif e la debuttante Claudia Cardinale. Una storia ben legata all’immaginario siciliano. Si tratta della storia di quel Giufà, personaggio che si muove tra realtà e leggenda, che spesso è associato a persone maldestre.
“Credevo che il cinema fosse un motore di civilizzazione, ma ho scoperto che i governi non cambiano niente, che strumentalizzano la cultura e non favoriscono la promozione dell’uomo”, dichiara Mohamed Challouf, consigliere artistico della neonata Cineteca tunisina. La sua apertura avverrà il 20 marzo prossimo, in occasione della festa dell’Indipendenza della Tunisia. È il giorno in cui si ricorda il 20 marzo 1956, quando fu abrogato il “Trattato del Bardo” che istituiva il protettorato francese. Tale abrogazione permise di proclamare indipendente la Tunisia. Challouf si occupa dei rapporti della Cineteca con l’estero, con le istituzioni e le altre cineteche, e degli archivi per le varie operazioni di collaborazione. È l’ideatore e l’organizzatore della rassegna. Al suo lavoro si devono i primi restauri di alcune opere che sarebbero andate perse.

Mohamed Challouf
La Cineteca non sarà né fondazione né associazione – precisa Mohamed Challouf – ma sarà una direzione dentro il centro nazionale del cinema della Cinematografia e dell’Immagine che è nato nel 2011 e che si occupa di tutto quello che è cinema in Tunisia”. Il suo “Tahar Chèriaa a l’Ombre du Baobab” è un omaggio ad uno dei grandi padri della cinematografia africana, Tahar Chèriaa. Non si tratta di un documentario biografico alla memoria. L’autore ha passato molto tempo con Tahar Chèriaa. Lunghe conversazioni, racconti, incontri con persone che hanno accompagnato la sua vita ma anche quella di Challouf e degli altri cineasti tunisini e africani.
Primo film della trilogia del deserto realizzato nel 1984, recentemente restaurato dalla Cinematek Belga e presentato alla 74esima edizione della Mostra del cinema nella sezione Venezia Classici, “Les baliseurs du désert” di Nacer Khémir racconta una storia senza tempo. Il suo sguardo sul mondo arabo, sul deserto assume un carattere fortemente onirico nel raccontare la storia di un piccolo villaggio. Mentre i bambini del villaggio sognano luoghi lontani, i giovani, misteriosamente spariscono. La strana maledizione tracciata da Khemir nel suo lavoro, è oggi attualizzabile al dramma che i giovani stanno vivendo e sulla loro difficile scelta di partire, sparendo così dal proprio luogo di origine. Saranno costretti a combattere contro la natura, per raggiungere la salvezza. Saranno costretti ad attraversare il mare, quel Mediterraneo che per millenni è stato luogo di scambi e d’incontri, ma che oggi si è trasformato in un cimitero.
“È storicamente orribile – dice Khemir – perché è il luogo in cui una parte delle civilizzazioni si è formata. Anche a causa delle guerre, ma non c’è mai stata una chiusura come questa. D’altra parte il mondo arabo non sta bene, si trova in una situazione peggiore di quella del periodo successivo alla decolonizzazione. È sufficiente guardare alla storia dell’Egitto, dove c’era molta più speranza: dopo la Guerra del Golfo, la situazione ha cominciato ad aggravarsi e le cose a deteriorarsi. La stessa Africa ha difficoltà a rompere le catene, a liberarsi”.
Tarek Ben Abdallah e Fabrizio Profeta al lavoro
La rassegna è stata anche l’occasione per scoprire cosa bolle nella pentola di Challouf regista. “Ho diversi progetti per il cinema italiano – dice Challouf – dopo l’estate voglio rendere omaggio a Giuseppe Rotunno, importante e pluripremiato direttore della fotografia italiano. Collaborerò con Tarek Ben Abdallah, direttore della fotografia tunisino, allievo dello stesso Rotunno, che vive e lavora in Italia da diversi anni”.

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