Emilio Alessandrini, 29 gennaio 1979

Insieme ai colleghi Gerardo D’Ambrosio e Luigi Fiasconaro, Emilio Alessandrini aveva riaperto nel 1972 l’inchiesta sulla strage di piazza Fontana imboccando la pista della destra eversiva

In copertina: Emilio Alessandrini e un’immagine del processo per il suo omicidio all’organizzazione terrorista Prima Linea

“Oggi, 29 gennaio 1979 alle ore 8,30 il gruppo di fuoco Romano Tognini ‘Valerio’ dell’organizzazione comunista Prima Linea, ha giustiziato il sostituto Procuratore della Repubblica Emilio Alessandrini. Era una delle figure centrali che il comando capitalistico usa per rifondarsi come macchina militare o giudiziaria efficiente e come controllore dei comportamenti sociali e proletari sui quali intervenire quando la lotta operaia e proletaria si determina come antagonista ed eversiva”. Mancano pochi minuti alle nove quando la rivendicazione di Prima Linea arriva telefonicamente alla redazione del quotidiano “La Repubblica”.

Sergio Segio, dopo aver rotto il vetro del finestrino del conducente con il calcio della pistola che impugna, esplode i primi colpi cui seguono quelli di Marco Donat Cattin.

Ma torniamo indietro di una trentina di minuti. Sono le 8,30 del mattino. Emilio Alessandrini, sostituto Procuratore della Repubblica a Milano, sta rientrando a casa dopo aver accompagnato a scuola il figlio Marco. È a bordo della sua Renault 5 arancione. Trova il semaforo dell’incrocio tra viale Umbria, dove abita, e via Muratori rosso e si ferma. Una Fiat 128 bianca si accosta. Sergio Segio esce dall’auto seguito subito dopo da altri tre uomini. Due di loro sono armati. Sergio Segio, dopo aver rotto il vetro del finestrino del conducente con il calcio della pistola che impugna, esplode i primi colpi cui seguono quelli di Marco Donat Cattin. Sono con loro Michele Viscardi e Umberto Mazzola di copertura, mentre Bruno Russo Palombi li attende sull’auto ancora in moto.

L’omicidio di Alessandrini segna un’escalation del terrorismo che sembra senza fine. Nel 1976 si contano dieci morti, tredici nel 1977, nel 1978 diventano trentacinque e il 1979 inizia con quest’omicidio. Alessandrini è uno dei magistrati più stimati del Tribunale di Milano e la sua morte scuote l’opinione pubblica. I suoi funerali sono un tributo di popolo. Tutta Milano si è riversata in piazza Duomo, come ai funerali per le vittime della strage di piazza Fontana. La città è attanagliata dal freddo dell’inverno. La chiesa è stracolma. Ci sono la moglie e il figlio che piange straziato dal dolore. All’uscita della bara le strade e le piazze sono stracolme di persone che applaudono quel giudice simbolo. Era la prima volta che un magistrato ucciso riceveva un tributo così forte ed evidente da una folla di semplici cittadini.

Emilio Alessandrini

Emilio Alessandrini arriva a Milano nel 1968, dopo aver vinto l’anno precedente il concorso in Magistratura. Con il ruolo di sostituto Procuratore della Repubblica, si era occupato delle inchieste più scottanti di quegli anni, quelle sul terrorismo di sinistra, sugli scandali finanziari legati al Banco Ambrosiano, sui servizi segreti deviati ma soprattutto su quella definita “madre di tutte le stragi”, l’attentato alla sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre 1969. È Emilio Alessandrini, insieme ai colleghi Gerardo D’Ambrosio e Luigi Fiasconaro, a riprendere in mano nel 1972 l’inchiesta sulla strage, imboccando la pista della destra eversiva. Il 27 agosto del 1972 sono incriminati Franco Freda e Giovanni Ventura. Il 6 febbraio del 1974 Alessandrini deposita in tribunale una requisitoria lunga e articolata in cui spiega il loro coinvolgimento, racconta le responsabilità dei neofascisti e, soprattutto, evidenzia i collegamenti fra l’eversione di destra e alcune frange degli apparati informativi dello Stato.

Secondi solo alle “Brigate Rosse”, durante il loro criminoso sodalizio hanno eseguito e rivendicato oltre cento attentati o azioni para-militari e hanno ucciso sedici persone, oltre ad averne ferito, anche gravemente, altre ventitré.

Iniziò a occuparsi, con determinazione, del terrorismo di estrema sinistra avviando una specifica inchiesta riguardante i movimenti dell’Autonomia milanese. Questo fu il principale motivo della sua morte, avendo messo nel mirino della giustizia il gruppo di “Prima Linea”, organizzazione armata di estrema sinistra italiana guidata da Sergio Segio, Marco Donat Cattin, Susanna Ronconi e Bruno La Ronga. “Prima Linea” si forma alla fine del 1976 e dalla primavera dell’anno successivo i loro proclami e il loro piombo coprono l’Italia. Secondi solo alle “Brigate Rosse”, durante il loro criminoso sodalizio hanno eseguito e rivendicato oltre cento attentati o azioni para-militari e hanno ucciso sedici persone, oltre ad averne ferito, anche gravemente, altre ventitré.

La targa che ricorda l’omicidio di Emilio Alessandrini in viale Umbria, a Milano

Alessandrini diventa un obiettivo all’interno di una lunga scia di sangue che continuò sino al pentimento di uno dei sodali dell’organizzazione, Roberto Sandalo, che disegnò, per i magistrati, il quadro dell’organizzazione e permise di individuare i partecipanti alle azioni terroristiche di Prima Linea compresi quelli del gruppo di fuoco che assassinò Alessandrini. Il processo si aprì nel maggio del 1983 e si concluse nel dicembre dello stesso anno. Fu condannato all’ergastolo come esecutore materiale Sergio Segio, mentre furono inflitti ventiquattro anni di reclusione a Bruno Rossi Palombi. Marco Donat Cattin – pur essendo provato il suo coinvolgimento diretto nell’omicidio come esecutore materiale – Michele Viscardi e Umberto Mazzola si dissociarono dalla lotta armata e per questo ottennero pene minori.

Emilio Alessandrini era a nato a Penne, in provincia di Pescara, il 30 agosto 1942. Dopo la maturità classica decise di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli. Non aveva ancora compiuto trentasette anni. Lasciò la moglie Paola e il figlio Marco di otto anni.

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