“Centinaia di milioni di dollari all’anno e non si ottiene alcun apprezzamento o rispetto, non vogliono nemmeno negoziare un trattato di pace da lungo tempo in sospeso con Israele … con i palestinesi che non vogliono più parlare di pace, perché dovremmo fare ancora di questi enormi pagamenti in futuro per loro?”, sono parole twittate da Donald Trump che minaccia così di sospendere i contributi umanitari per il popolo di Palestina se questi, obtorto collo, non si fanno piacere l’idea che Gerusalemme possa essere anche ufficialmente la capitale di Israele. Hanan Ashrawi, del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha a stretto giro replicato all’esternazione del presidente USA: “Non cederemo al ricatto”. Il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas, Nabil Abu Rdainah, ha dichiarato: “Gerusalemme non è in vendita, né per l’oro né per l’argento”. Nel frattempo cresce in territorio palestinese l’odio verso gli Stati Uniti d’America e questo viene nutrito e nutre anche i Paesi arabi che si sono subito manifestati con grande vicinanza alla Palestina già dalla dichiarazione dello scorso 6 dicembre in cui Donald Trump ha annunciato di voler dar seguito alla decisione del Congresso, giacente lettera morta da 22 anni, con il riconoscimento di Gerusalemme capitale dello Stato di Israele ed il conseguente trasferimento nella città santa dell’Ambasciata statunitense in Israele. “Se gli Stati Uniti sono interessati alla pace ed ai suoi interessi, devono rispettarla”, ha affermato Abu Rdainah. Il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha appunto precisato che i palestinesi non sono contrari alla ripresa di quei colloqui di pace falliti nel 2014, ma l’unico presupposto per riaprire il dialogo è la creazione di uno Stato di Palestina nella regione che esisteva prima del 1967. Quindi prima che Israele occupasse militarmente Gerusalemme Est, la Striscia di Gaza e la Cisgiordania. Gli Stati Uniti, secondo un report del Congresso datato dicembre 2016, versano ogni anno 400 milioni di dollari per gli aiuti umanitari in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
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