Terra! Terra! (era Lampedusa)

Editoriale di Mauro Seminara

Alla fine, inevitabilmente, riscoprirono Lampedusa. Un’isola da sempre buona per tutte le stagioni. Non perché le sue meravigliose spiagge sono calde ed assolate quasi tutto l’anno. No. Lampedusa è sempre pronta ad essere tirata in ballo quando in Italia ci si deve contendere l’ultima parola su temi facili da campagna elettorale. Premesso che i migranti non votano, è chiaro che quello dei flussi migratori è un tema facile e che Lampedusa, suo malgrado, non può che vedersi all’occorrenza tirata in ballo. Anzi, più che un ballo viene proprio schiaffata giù nel tritacarne. Questa volta è innegabile che l’artefice, volontario ma forse ingenuo, è stato il suo primo cittadino. Legittimo o no, il suo commento sullo stato dell’ordine pubblico a Lampedusa ha donato per qualche giorno insperata nuova linfa al dibattito nazionale che rischiava di stagnare sulla legge Ius Soli. Totò Martello ha la sua navigata esperienza quale politico ed è già stato sindaco di Lampedusa per ben due volte prima di quest’ultimo mandato, ma la dialettica politica di oggi non è più quella delle sue prime amministrazioni. Oggi Lampedusa è un hashtag che ciclicamente irrompe in rete e dilaga sui social. E se parli da Lampedusa devi sapere quante parole usare, di quale peso e quale misura. Altrimenti rischi di diventare in meno di un giorno un eroe, un paladino degli immigrati, un razzista o qualunque altra cosa la stampa di partito ha deciso che devi essere. Totò Martello, ad esempio, in appena un giorno è diventato il sindaco che ha cambiato Lampedusa da isola dell’accoglienza a isola che non vuole più migranti, quindi razzista. Un appunto, dovuto, sindacale, andrebbe pure fatto: Totò Martello non è Lampedusa, come non lo era Giusi Nicolini o Pietro Bartolo oppure ancora Angela Maraventano. Tutte persone che hanno avuto gli onori della cronaca nazionali ed in certi casi anche internazionale, ma che a conti fatti sono soltanto quattro degli oltre 6.000 cittadini di Lampedusa e Linosa. Non risultando all’anagrafe dell’isola una transumanza di popolazione residente tra il pre ed il post elezioni di giugno, si presume che Lampedusa è e resta quella che sempre è stata. Difficile, complessa, a volte un po’ contraddittoria ma, soprattutto, poco interessante per chi la deve raccontare. Perché si preferisce identificare Lampedusa con la “coraggiosa” Giusi Nicolini o con il medico “eroe” Pietro Bartolo piuttosto che con tutto il resto della popolazione composta in massima parte da famiglie di pescatori che costituiscono l’ossatura dell’indole di Lampedusa: non sa e non può negare il soccorso e l’accoglienza a chi viene dal mare. Questo però è solo uno degli aspetti di questa popolazione. Ma una persona, figuriamoci un popolo, non è una cosa sola ed un solo modus operandi. Lampedusa non è un pensiero unico. Alla base dei conflitti ideologici di quest’isola, ormai famosa in tutto il mondo, ci sono molte esperienze della storia recente che inevitabilmente influiscono sulle reazioni degli isolani. Una tra queste è la paura – più che diffidenza – dello Stato che nel 2011 lasciò i lampedusani in minoranza rispetto ai tunisini sbarcati sull’isola. Erano prossime le elezioni amministrative in molti comuni. Poi questa mancanza di fiducia può essere stata confermata quando nel 2013 lo Stato mancò di inviare camion adeguati per trasferire le 366 salme del 3 ottobre e pretese di adoperare ciò che si trovava in loco, incluso il solo dott. Bartolo – come affermato dallo stesso medico – per le ispezioni cadaveriche di tutte le vittime. Lo stesso Stato che infine decise di far dire messa per le vittime della strage in quel di Agrigento, dopo che Lampedusa subì la tragedia, pianse le vittime, abbracciò ed ospitò i superstiti. Il rapporto tra Lampedusa, quindi i lampedusani, e lo Stato si è tanto logorato che l’ultimo ministro sull’isola vide meno di venti persone al suo incontro pubblico con imprenditori e cittadinanza. Oggi però Lampedusa torna in prima linea. Anzi, in prima pagina. E con essa tornano in tanti sulle pagine dei giornali. Totò Martello vuol parlare di Hotspot con il ministro Minniti – forse non solo ed unicamente di quello – che si è detto disponibile e, si presume, per ottenere attenzione oltre che ordine pubblico, dice alla stampa che i tunisini escono dalla struttura per andare a commettere reati in giro per l’isola e che se questa struttura non è utile a contenerli la si può anche chiudere. Certo, un po’ l’ha sparata grossa; ma se il suo era un tentativo di vedersi puntare addosso le telecamere ed i riflettori della stampa nazionale, bisogna riconoscere che è riuscito nel suo intento. L’effetto collaterale che forse non aveva messo in conto è il ritorno della sue avversaria, l’ex sindaca Giusi Nicolini. Invitata a nozze, Nicolini viene interpellata da tutti i giornali per esprimere la sua opinione sulle dichiarazioni del suo successore. Ovvio che i sassolini fuoriescono copiosi dalla scarpa. La testa di Martello è sul ceppo in pubblica piazza e tutti i giornali, tranne quelli di destra che vantano le dichiarazioni del sindaco di sinistra, lo stanno flagellando. Un paio di colpi Giusi Nicolini non si può esimere dall’assestarli accusandolo di fare terrorismo. Sui giornali si leggono anche le dichiarazioni del parroco, Don Carmelo La Magra, e del medico – sempre bene ricordare di Fuocoammare e l’orso d’oro e tutto il resto – dott. Pietro Bartòlo. Il primo professa il cristianesimo ed il secondo testimonia l’accoglienza dei lampedusani in giro per il mondo. Avanti il prossimo? Infine arriva perfino la dichiarazione della presidente della Camera Laura Boldrini, già portavoce dell’Unhcr, sulla quale vanno forse spese due parole a parte. La campagna di odio che ormai va avanti da anni al suo indirizzo, sui social ed in generale sul web, è in effetti esagerata e miserabile. Tanto da apparire perfino artata. Ma è anche vero che di tanto in tanto la presidente esordisce con strane risposte e queste possono anche suscitare perplessità tra le persone normali e volgarità tra quelle di fascia ancora da definire. Sul caso, la presidente Boldrini ha risposto semplicemente che l’isola ha “anticorpi” per gestire la esigua presenza di tunisini. Lo ha dichiarato mentre si trovava nel Comune di Terrasini, in provincia di Palermo. Località che suggerisce un quesito analogo: Palermo ha vissuto la “mattanza” e le stragi, quindi la mafia attuale non è un problema da risolvere perché i palermitani hanno gli anticorpi per gestirla? A parte le risposte che mai ascolteremo, il punto a Lampedusa è che si avvicinano le elezioni regionali ed a seguire quelle nazionali, il Governo ha chiuso – anche solo temporaneamente – la rotta libica e dalla Tunisia continuano ad arrivare migranti che una volta sbarcati sull’isola si dedicano a piccole azioni delinquenziali. Il punto, quindi, è che togliendo per un attimo sindaci ed ex sindaci dal dibattito, i lampedusani vogliono sapere che intenzioni hanno a Roma e cosa li attende per questo inverno o per la prossima primavera oltre all’Agenzia delle Entrate-Riscossione che batte cassa. Perché un nuovo 2011 Lampedusa non lo regge. Non si è ancora del tutto ripresa dal primo.

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