L’Italia chiede maggiori fondi da investire in Tunisia

Ci si avvicina al mezzo miliardo di euro per il triennio 2017-2020. Minniti: "I 150 milioni degli Stati non bastano". Fine luglio nuova riunione a Tunisi

Servono maggiori investimenti in Tunisia. Questa è la linea che il Governo italiano continua a seguire da parecchio tempo. Investimenti che verrebbero motivati con il più classico degli “aiutiamoli a casa loro”. Il 24 luglio a Tunisi si terrà la seconda riunione del secondo “Gruppo di contatto” tra Europa e Africa: lo stanziamento europeo di 150 milioni non è sufficiente, occorrono investimenti maggiori da parte degli Stati membri. Questa è la posizione espressa anche del ministro dell’Interno Marco Minniti che ha annunciato la data durante l’informativa al Senato di mercoledì. A questi 150 milioni di euro vanno però aggiunti quelli già ratificati dall’Italia lo scorso 9 febbraio a Roma. In quella circostanza il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva firmato un accordo con il ministro degli Esteri della Tunisia Khemaies Jhinaoui per un valore di 160 milioni di euro. Questi, a loro volta, si aggiungevano ai circa 200 milioni che attendevano soltanto di essere erogati.

Stiamo parlando del Piano di sviluppo 2017-2020 della Tunisia, sostenuto dal Governo italiano. Una pioggia di soldi che – motivazione ufficiale – dovrebbero creare occasioni di lavoro per i giovani tunisini arginando in tal modo le partenze verso l’Italia. Le partenze dei giovani tunisini verso l’Italia, in vero, erano già notevolmente ridotte dopo l’exploit del 2011 e lo erano anche prima della Primavera Araba. La Rivoluzione dei gelsomini – nome originale con cui esplose la rivolta – aprì le frontiere ed anche patrie galere, ma la Tunisia era allora in ripresa economica grazie al turismo in sensibile crescita. Inoltre il Paese nordafricano è uno dei pochi ad avere accordi di rimpatrio diretto dei suoi cittadini e questo è ormai da anni un efficace deterrente. Crescono invece le delocalizzazioni italiane in Tunisia. La manodopera a basso costo, unita alla vicinanza ed al basso costo di importazione dei prodotti, è una attrazione irrinunciabile per chi produce vino, lavora conserve ittiche ed importa frutta. Tutti prodotti che finiscono sulle nostre tavole ed a volte senza che i consumatori ne siano consapevoli.

Le intenzioni del Governo italiano siglate a Roma in febbraio appaiono comunque di puro tornaconto industriale. I 165,5 milioni di euro sono infatti ripartiti in 30 milioni destinati ad “iniziative nel settore privato”, 32,5 milioni per il settore della pubblica istruzione, 5 milioni per il rafforzamento della produzione energetica ed altri 5 milioni all’inclusione finanziaria ed al sostegno del credito. Insomma, per la Tunisia si fa tutto quel che si può. Anche se dalla Tunisia non sono emigrati centomila giovani come lo scorso anno dall’Italia. Ovviamente ci si è presi anche l’impegno di rimettere in sesto le motovedette che avevamo a suo tempo donato, a nostre spese. Da queste iniziative l’Italia ha tratto notevoli vantaggi. Nel solo 2015 avevamo esportato in Tunisia prodotti per oltre 3 miliardi di euro. Un mercato appetibile che include macchinari ed apparecchiature varie, prodotti metallurgici e prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio.

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