Addio a Equitalia, ma si preannunciano tempi molto duri in Italia

Dalla necessità di "ammorbidire" Equitalia alla nuova potente Agenzia delle Entrate-Riscossione. Da oggi le nuove regole. Possibile il fallimento e la chiusura per molte piccole imprese italiane. Dipendenti Equitalia diventano dipendenti pubblici senza partecipare a concorso pubblico

Sono entrate oggi in vigore le nuove norme che regolano la Agenzia delle Entrate. Equitalia non esiste più e l’attività di riscossione che svolgeva è stata affidata all’Agenzia delle Entrate con privilegi superiori a quelli vantati dal soppresso ente di riscossione tributi. Il nuovo addetto alla riscossione, appunto l’Agenzia delle Entrate, potrà infatti intervenire direttamente sul conto corrente degli evasori congelandone i movimenti senza più dover chiedere tale disposizione ad un giudice. Si salta quindi la Giustizia garantita dalla Magistratura, potere indipendente in questo Paese, e si procede d’ufficio con delega del potere legislativo alla disposizione ed al prelievo dei beni personali del debitore. Un’arma nelle mani del nuovo ente di riscossione che promette un notevole recupero dei debiti verso la pubblica amministrazione, ma che garantisce anche il fallimento di un notevole numero di piccole imprese e quindi anche una grave emorragia futura del gettito fiscale. Una impresa chiusa è una impresa in meno che offre occupazione e paga le tasse.

Congelare un conto corrente significa impedire ad una impresa di continuare i rapporti con i propri fornitori, magari più tolleranti sui tempi di pagamento, e di continuare a produrre. L’Agenzia delle Entrate in questo modo acquisisce precedenza assoluta sui debiti del contribuente e fino a quando non avrà ricevuto il saldo della cartella contestata non permetterà all’impresa di pagare l’energia elettrica, i fornitori o anche solo i dipendenti perché non potrà disporre del proprio conto corrente e del denaro che vi transita. Rischio di non poco conto per l’economia italiana. La semplificazione elettorale di tale vantaggio per “Agenzia delle Entrate – Riscossione” viene spiegata con l’introduzione dell’art. 72 bis nel Dpr 602/1973 mediante Decreto-legge 203/2005 che autorizzava l’ente a prelevare un quinto dello stipendio o il pagamento della pigione di inquilini del debitore direttamente e senza la preventiva autorizzazione di un giudice. Ma per la nuova “Riscossione” la facoltà si estende al conto corrente ed al congelamento dello stesso e delle risorse che vi dovrebbero confluire fino al saldo del debito. Per scampare il disastro, bisogna formulare richiesta di rateizzazione del debito entro e non oltre i 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento per poter nuovamente disporre del conto corrente solo dopo che viene pagato la prima delle concordate rate.

Questo aumento esponenziale di potere dell’ente di riscossione è dovuto all’accesso dati di cui adesso dispone. La vecchia Equitalia era un ente privato che operava in concessione dallo Stato. Agenzia delle Entrate-Riscossione invece è lo Stato. E questo ha accesso a tutte le banche dati che ci riguardano, compresa quella della Banca d’Italia. Il passaggio dall’ente privato di riscossione alla delega di riscossione all’ente pubblico crea problemi dei quali ancora non è data la misura ma che non porterà un miglioramento del PIL nazionale. Inoltre, questo “transito”, pare abbia delle falle circa la composizione del nuovo ente di riscossione. Agenzia delle Entrate-Riscossione assume infatti sia gli uffici di Equitalia, intesi come locali, che il personale. In tal modo, i dipendenti di una impresa privata diventerebbero automaticamente dipendenti pubblici, senza passare per un concorso pubblico. Su questo aspetto si attende il pronunciamento del Consiglio di Stato previsto per il 27 luglio. Equitalia sparisce quindi come logo sulle cartelle di pagamento, ma resta come personale incaricato e sede esattamente come se nulla mai fosse cambiato. Tranne per quel potere di accesso ad ogni banca dati del debitore che prima non aveva in quanto soggetto privato.

Sono trascorsi mesi da quella puntata di “In 1/2 ora” del 23 ottobre 2016 in cui Matteo Renzi pronunciò il celebre “Cucù, Equitalia non c’è più dal primo luglio”. Oggi, che è il primo giorno di luglio, entrano in vigore le promesse dell’ex premier con i suoi pro ed i suoi contro. Insieme ovviamente alle ormai consuete incertezze sulla attuabilità, per cui pende in questo caso la mannaia del Consiglio di Stato. Tra gli aspetti positivi ci dovrebbero essere, come da campagna-tormentone del Governo, le arci-note riduzioni delle code agli sportelli e la semplificazione dovuta alla informatizzazione accessibile agli utenti. Che in vero altro non è che la introduzione di standard per la pubblica amministrazione su cui l’Italia era in ritardo di parecchi anni. Dall’altra parte, quella negativa, c’è il rischio che al posto di Equitalia, adesso, cucù, c’è un mostro che distruggerà il tessuto del Paese fatti salvi solo quanti si adegueranno con conti correnti intestati a terzi e altre forme di elusione del fisco.

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